Roma – Boom dell’E – commerce. Giù, di molto, quello tradizionale.

Le abitudini degli italiani, ma direi di gran parte del mondo, stanno cambiando e, gli analisti dei comportamenti, lo dicono da tempo. C’è stata l’esplosione dell’ E – commerce, con un deciso aumento che ha toccato il 27,2%, su base annua. Non è una novità se si considerano le ordinazioni, che partono da tutte le famiglie e, dalla quantità di pacchi che giungono, molto più numerosi delle lettere. Nel mese di aprile le vendite al dettaglio sono diminuite tra il 10 e il 15%. Alcuni esperti sostengono che ha inciso, su questa percentuale, le famiglie in casa e lo sotop degli esercizi commerciali. Un’analisi che non sembra sia veritiera e vedremo i motivi. La forte caduta riguarda tutti i beni, ma non gli alimentari, che hanno tenuto ed anzi c’è stato, un significativo aumento, dello 0,6%. Ecco qual è la situazione oggi con i negozi tutti aperti, anche se è presto per una valutazione decisiva. Calzature – 90,6%, mobili – 83,6% abbigliamento  – 83,4%, e giochi 82.5%. Un cambiamento radicale che non sembra tendere, ad inversione di tendenza che se dovesse confermarsi, inciderebbe pesantemente sulle decine di migliaia di attività che sopravvivono, sia pure con un guadagno minimo, ma sufficiente, per non chiudere. Sull’occupazione del personale dipendente e su quello che provvede alle consegne. La chiusura dei negozi, cosa che sta già avvenendo, incide in modo determinante sul reddito del proprietario delle mura e sull’aspetto delle città, durante le ore in cui manca la luce naturale. Basta verificare, come sarebbe una città senza più negozi, camminando di sera a piedi, lungo strade da dove gli esercizi commerciali si sono già  spostati, per risparmiare sui fitti. L’aspetto è completamente diverso, non sono frequentate nemmeno dai pedoni ma solo da chi ci abita. C’è persino il problema della sicurezza pubblica da considerare. Il fenomeno è soltanto iniziato ed i sindaci dovrebbero cominciare a preoccuparsi per evitare, una sequenza di locali nel più assoluto abbandono, per lo stesso decoro delle città.  Semmai facendo pulire i locali, illuminarli, allestire iniziative espositive dai quadri alle sculture, sia pure frutto di un lavoro non professionale. Oppure favorire, con fitti molto equi, la possibilità di far aprire locali per l’artigianato. Si tratta solo di esempi, per tentare di evitare l’abbandono di pezzi di città non periferici. Ovunque, da Milano a Palermo, da Roma a Bologna, da Bari a Firenze, si notano locali abbandonati, con vetrine sporche e pezzi di ex mobili o cartoni, gettati alla rinfusa. Pensare di chiamare esperti ed intervenire per tempo, visto che le città stanno già subendo delle trasformazioni da discutere tra gli amministratori, cittadini e associazioni di categorie.

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