Si è svolto l’incontro, tanto atteso, tra il Premier Conte e il sottosegretario Siri, raggiunto da un avviso di garanzia, della Procura di Roma, per presunta corruzione. Sull’esito dell’incontro nessuno ha saputo nulla ma appare evidente, il grave imbarazzo del Presidente del Consiglio, che non è un giudice e che dovrebbe decidere su un caso, aperto da un avviso di garanzia, contro un sottosegretario di Stato. Il Premier ha ripetuto che non ama, che gli si tiri la giacca, oltre un certo limite: un altolà al ministro Di Maio che vuole Siri fuori dal governo finchè la giustizia non avrà deciso se rinviarlo a giudizio o proscioglierlo sin dall’interrogatorio del gip. Il ministro Salvini, ha più volte affermato: ” Il Premier non è un giudice e non può decidere nulla, Siri rimanga al suo posto in quanto, l’avviso di garanza, non indica alcuna colpevolezza”. Appare evidente che il Premier Conte, così come ha risposto in conferenza stampa a Tunisi, che lo incalzavano sul caso Siri, ha risposto:” Dovete pazientare il governo affronterà il caso e saprete, subito dopo, la decisione”. Non è una questione facile. Il sottosegretario è indagato, ed è stato raggiunto da un avviso di garanzia, metterlo fuori dal governo può avere un solo significato: colpevole. Forse sarebbe molto meglio se il Premier chiedesse, in via eccezionale alla magistratura, di promuovere subito la fase preliminare: nel caso che Siri venga rinviato a giudizio, la sua partecipazione al governo, non sarebbe più compatibile. Diversamente se il gip ,dopo l’interrogatorio, lo dovesse prosciogliere il caso si chiuderebbe per sempre. Sembra che, legge alla mano, questa sia l’unica via d’uscita da una situazione che vede un sottosegretario in una specie di limbo, privato persino delle deleghe, alla gogna. Si tratta di un uomo, al di là della carica pubblica, ha una dignità che va salvaguardata, se merita di esserla. Solo la magistratura può risolvere questo caso che non è di competenza nè del Premier e nè della politica.