Al viceministro Di Maio nessuno ha chiesto la testa, dopo i disastrosi risultati elettorali. Il ministro all’industria e Sviluppo ha parlato con Casaleggio, Grillo, Dibba e Fico.Colloquio asciutti, inevitabili dopo una batosta che non ha precedenti in politica: passare, dopo un anno di governo, dal 32,7 al 17,1, non poteva che provocare disorientamento, nel vertice del M5S ed anche nella base. Mettersi alla ricerca di un responsabile sarebbe facile ma ingiusto. Di Maio si consulta continuamente, con i suoi punti di riferimento e Rousseau, è sempre più distante dall’azione di governo e strategie politiche. Ma il problema per il Movimento resta. Perdere il 50% dei voti, in 12 mesi, non può che far squillare l’allarme per verificare cos’è accaduto ed assumere decisioni per la tentare la ripresa. E’ pur vero che, un solo uomo al comando in democrazia, non ha mai portato fortuna a nessuno. Nominare un direttorio che operi con il vice premier, può essere una soluzione come quella, di staccare la spina al governo Conte, per andare ad elezioni. Ma quest’ultima soluzione appare, più un suicidio politico che una soluzione dei problemi. Proseguire con il governo in carica e adottare, le riforme scritte nel contratto, appare l’unica soluzione praticabile. Così come appare altrettanto vero il fatto che, il M5S studiato, da Grillo e Casaleggio padre, per produrre una vera rivoluzione, di azione e pensiero, ha bisogno di una maggioranza assoluta, in Parlamento, che gli italiani non sono disposti a concedere a nessuno. L’attuale M5S è un “rimedio”: stare al governo per dimostrare che cambiare si può, non basta solo il reddito di cittadinanza, ci vuole ben altro. Il tempo avuto a disposizione da Di Maio è stato limitato, oltre che operare con un alleato c come Salvini, scaltro e deciso a spaventare gli italiani, dall’immigrazione incontrollata fino alla sicurezza senza lasciare spazio, anche ad altri ministri, titolari di deleghe, che non hanno nulla a che vede con gli Interni. Ma il leader del Carroccio è riuscito, con identiche parole, stesse azioni e un lavoro massacrante, a convincere gli elettori che meritava di essere premiato, non solo per il lavoro svolto ma anche per proseguire, sulla strada dell’intransigenza. Prevedere cosa accadrà non è possibile: si è rotto un equilibrio, con una votazione che ha visto invertiti i valori elettorali, dei due contraenti un contratto. E’ pur vero che questo, non ha modificato il rapporto di forze in Parlamento, ma per il M5S è diventato molto difficile far finta di nulla. Così come Di Maio resterà al suo posto, anche con un direttorio, cosa cambierebbe se fino ad oggi, il vice ministro del Movimento, si è consultato sempre con i suoi referenti? Nessuno dimentichi che Dibba era entrato in scena, circa un mese fa, per poi sparire nuovamente. Il motivo? Lui è su posizioni diverse da Di Maio e se continuava con le sue ” incursioni” avrebbe provocato guai all’amico Di Maio e la crisi di governo. Questa è la verità piaccia o non piaccia a Grillo e Casaleggio.