Il pm di Roma, Stefano Rocco Fava, ha respint,o in cinque ore di interrgatorio, con i pm di Perugia le accuse di favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio in relazione al pm Luca Palamara ed ai suoi rapporti con Centofanti. Fava ha spiegato, che non poteva rivelare quello che non sapeva e che, non ha mai favorito Palamara, indagato per corruzione. l pm ha scoperto a maggio l’esposto presentato, proprio da Fava, contro il procuratore di Roma, Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo, per irregolarità nella gestione delle inchieste sull’avvocato Piero Amara. Quello che si può dire è che i pm di Perugia stanno, macinando letteralmente le inchieste affidate al loro ufficio per trovare la verità, in un ginepraio, dove vengono interrogati togati che sanno, fin troppo bene, come difendersi dalle accuse. Su queste vicende che riguardano, sia il Csm e sia l’Associazione nazionale magistrati, c’è un evidente tentativo di mettere il silenziatore ad una “situazione grave – come l’ha definita – il presidente dell’Anm – la più grave del periodo repubblicano”. E come l’ha “cristallizzata” il vice Presidente del Csm il quale ha detto ai colleghi, riuniti in un Plenum straordinario, che” o si da conto di quello che è avvenuto e che non deve più accadere, oppure la magistratura, è perduta per sempre”. Lo sconcerto nell’opinione pubblica è palpabile. Magistrati e politici che si riuniscono nottetempo, in Hotel, per decidere le nomine dei vertici in alcune procure tra cui Roma, Perugia e Brescia non è cosa di poco conto e non può trovare alcuna copertura. Prima si rende noto tutto, sia pure rispettando i tempi delle indagini e g li interrogatori ancora in corso, prima si conoscono le responsabilità e quindi i rinvii a giudizio, prima si fa ” pulizia” vera pulizia per difendere rilanciare un corpo dello Stato che ha perduto ogni credibilità e che invece, deve tornare ad es sere uno dei punti di riferimento, anzi il più certo, per il cittadino.