Centro Italia – La mancata ricostruzione peggio del terremoto

Una realtà che scotta davanti ad esempi. I governi che si sono succeduti dal terremoto del 2016, anno in cui iniziarono le prime forti scosse di terremoto, che hanno colpito duramente il centro Italia. Tra il 2016 e i giorni nostri, 10.156 che risiedevano nel cratere marchigiano si sono dispersi, dagli 85 Comuni. E’ il risultato della ricerca del gruppo ” T alla terza” e dalla rete ” Terre in moto nelle Marche”. Il numero dei “dispersi” diventa più significativo – viene sottolineato –  se si raffronta, alla dinamica demografica regionale prima delle scosse, tra il fermano, maceratese e ascolano fino a Fabriano. I 10.136  abitanti in meno, delle zone terremotate  rappresentano il 58,8% della popolazione marchigiana lì prima residente, con abbandoni di territori da parte di 18.441 persone, avvenuti nel triennio. Per non parlare delle tantissime attività abbandonate: dall’agricoltura ai commerci, dalle stalle alla trasformazione dei prodotti. L’impegno alla ricostruzione, lo si deve comprendere, non era e non è cosa facile per l’impegno economico ma anche per la complessità delle leggi che impediscono, azioni snelle e rapide. Ma è proprio in queste drammatiche circostanze che si dovrebbe vedere come può, uno Stato democratico, non promettere soltanto soluzioni rapide impossibili, ma snellire le procedure e abbatter la burocrazia, con leggi o accordi speciali, per favorire l’afflusso di denaro privato, anche degli stessi proprietari delle proprietà danneggiate in cambio, dell’abolizione delle tasse per un periodo superiore, all’investimento effettuato. Appare scialbo che, dal Capo dello Stato Mattarella al Premier Conte, dai ministri ai sottosegretari, fino ai parlamentari vadano, in quelle zone semi deserte, a dire, a chi ha perso tutto in pochi secondi, vi siamo vicini e non vi abbandoneremo mai. In Friuli non accadde questo e la ricostruzione fu rapida ma nel Belice no. Non è accaduto, anche se il paragone regge poco, base Friuli,  in Emilia – Romagna. La verità è che c’è una popolazione tra Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria, L’Aquila meriterebbe un libro a parte, che non solo ha perso davvero tutto: la casa e anche le fonti di lavoro. Dire a questo popolo di quattro regioni:” Faremo”, è davvero molto poco anzi non niente di più che far cadere sale su una ferita aperta.

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