Tensioni anche sul Mes tra M5S e Pd. La giornata è stata segnata da precisazioni al vaglio delle due forze di governo. Il Presidente dell’eurogruppo, Centemo, ha illustrato i risultati di ieri ed ha dichiarato:” Si è raggiunto un accordo di principio su tutti gli elementi della riforma del meccanismo salva stati, incluse le note applicative sulle clausole di azione collettive, su cui si è battuta l’Italia. Ora servono degli approfondimenti tecnici e la decisione finale è slittata a gennaio”. Il Presidente ha ripetuto:” Si tratta di una soluzione bilanciata che va capita da tutti i Paesi. La firma del Mes ci sarà nel primo trimestre del 2020 e poi toccherà la ratifica ai Parlamenti nazionali. Sull’Unione bancaria – ha proseguito Centemo – non abbiamo ancora una road map, in quanto non è giunto il momento politico, su questa riforma”. Insomma il pacchetto completo non c’è e non ci sarà, nemmeno a primavera del 2020, il che significa che il M5S si troverà, nuovamente in difficoltà per la posizione contraria a votare il Mes, se non è previsto, tutto, in un unico pacchetto, così come deciso dall’assemblea dei parlamentari stellati. Il ministro all’Economia Gualtieri, dopo lo slittamento si è dichiarato molto soddisfatto, per l’esito dell’eurogruppo, ed ha dichiarato:” Si trattava di difendere gli interessi nazionali, evitando nel contempo l’isolamento del Paese e di dare segnali sbagliati sull’impegno dell’Italia nell’Unione Europea. Penso che siamo riusciti a portare a termine, il nostro lavoro, in modo efficace”. Successivamente il ministro Gualtieri ha anche affrontato il nodo politico Lega:” Salvini ha aumentato le tasse e ha alzato il debito mentre noi riduciamo le tasse, mettiamo il debito su un percorso in discesa, rilanciamo gli investimenti e presenteremo una proposta, per l’unione bancaria e, sulla dichiarazione improvvisa del leghista Borghi, circa l’uscita dell’Italia dall’euro, che “non sarebbe un tabù”, peraltro subito smentito da Salvini. Gualtieri ha affondato il coltello:” Borghi e la Lega sono nemici dell’Italia”. E non è mancata nemmeno la dichiarazione del segretario del Pd Zingaretti sulla situazione della coalizione :” Non si può governare insieme, se ci si sente avversari e senza comunanza sulla visione, di un futuro comune del Paese”. Si tratta del contenuto dell’intervista rilasciata a Repubblica. ” Il Pd – ha proseguito il segretario – rimane al governo a condizione che produca una svolta in grado di fermare la destra e realizzare cambiamenti. La ricerca ossessiva di visibilità , la paura tra alleati di abbracciare una solidarietà aperta, rappresentano un rischio, per il governo. Il nostro esecutivo comune ha senso solo se interpreterà il sentimento di riscatto che sta crescendo nel Paese. Serve un’alleanza – ha concluso Zingaretti – la più ampia possibile che sarà vincente solo se sarà capa ce di dimostrare di essere utile all’Italia”. Non c’è che dire si torna al punto di partenza: due forze politiche che, tutto possono fare, ma alla condizione di salvaguardare le rispettive identità. Un gioco politico molto difficile e poco comprensibile agli elettori, ai quali viene offerto quotidianamente un piatto avvelenato, da litigi continui, per la risoluzione di problemi, molto importanti, per il presente e il futuro del Paese. Non è affatto un caso che il leader della Lega, viene dato ai sondaggi, al 40% per sua bravura o per errori di chi è al governo? Se lo dovrebbero domandare Di Maio, Di Battista e Zingaretti.