Roma – Referendum e l’accusa Di Maio a Salvini: campi minati per il governo

La situazione politica, dell’attuale maggioranza di governo si va complicando, per diverse ragioni. Il superamento della ” quota”  di parlamentari che punta ad un referendum confermativo, sul taglio di senatori e deputati, non è un se gnale innocuo ma, molto pericoloso, per il governo in carica. Chi ha firmato per ottenere il referendum, sa benissimo che è solo uno spreco di denaro e che gli italiani, avrebbero voluto da tempo un ridimensionamento della compo sizione delle due Camere. Quindi l’esito è scontato e non c’è partita. Ed è proprio questo il punto. Quanti non vogliono tagli hanno una sola possibilità, far andare gli elettori alle urne, prima del referendum. In questo caso, i parlamentari comunque posizionati politicamente, avrebbero  una maggiore possibilità di tornare a sedersi in una delle due aule. Se questa è l’interpretazione giusta, una seconda ipotesi non ci sembra  esistere, il governo Conte potrebbe avere i giorni contati dopo aver approvato la legge di Bilancio. E c’è di più. L’errore lo avrebbe commesso il capo politico del M5S con l’annunciare, precipitosamente, che voteranno sì per far processare, come chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania, il leader della Lega Salvini, per il caso Gregoretti: ” privata libertà a 131 migranti ( naufraghi no?) e sequestro di persona”. Di Maio, nel rilasciare la sua dichiarazione, ha pesato la differenza tra il ” sequestro” sulla Diciotti e quello della Gregoretti, come se la politica di uno stesso governo fosse cambiata e non condivisa. A parte queste “sottigliezze” che vanno lasciate ai contendenti, il leader della Lega, che rimane sondaggi alla mano, il primo partito con il 32% dei voti, che “governa” con il centrodestra, più della metà delle Regioni. La Lega ha, nei fatti, un potenziale elevatissimo per offrire, elezioni sicure in organi istituzionali, a livello nazionale o regionale, a quel  numero elevato, di senatori e deputati  pentastellati e non, che ben sanno di non poter  essere rieletti.  I motivi sono due, oggi palesi, il crollo dei consensi del M5S, recuperabile, in parte, se la legislatura arrivasse fino alle fine naturale e lo spirito del Movimento che non c’è più. Realtà ammessa dallo stesso Beppe Grillo, durante un’ intervista, molto onesta, rilasciata ai cronisti. Due effetti negativi che, se sommati, sarebbero capaci di far saltare più di un governo anche se, una futura coalizione non sarebbe possibile, forse, per nessuna coalizione. Ma, a parte i conteggi, su basi aleatorie, c’è stato un atteggiamento di Di Maio, capo politico del Movimento, che non è stato condiviso dagli elettori: in politica ci si batte con il voto e con provvedimenti, non si usa mai l’arma giudiziaria per cercare di eliminare un avversario pericoloso, in quanto sulla carta, vincente. Questi sono errori che, chi li commette, può pagarli in termini di consensi. Non è questo lo spirito ” guerriero” di Beppe Grillo che ha ridicolizzato, gli avversari, ma non li ha denunciati alla magistratura nonostante era evidente che in quelle battute, in teatro e nelle piazze, sapesse molto di più di quello che esternava. No, caro giovane leader del M5S, la vendetta non paga mai e, soprattutto non paga, in politica. La storia repubblicana lo ha ampiamente dimostrato: basta leggere un pò di più per capirlo. Gli italiani sono innocentisti per indole e sono contro i migranti, non razzisti ma contro chi non sanno chi entra in casa loro. Un consiglio se consentito, Di Maio se ne ha tempo e voglia legga: Moro, Berlinguer e Andreotti. Dopo di che si dia una risposta al suo comportamento.

Lascia una risposta