Il reggente del M5S, Vito Crimi, è partito con il piede sbagliato. La sua intervista rilasciata al Corriere della Sera, è troppo occupata dalla sua figura, all’interno del Movimento, prevista dallo Statuto, rassicura il governo, elogia il lavoro svolto, dall’ex capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, e pone in mostra come, la sua nuova responsabilità, sia stata accolta favorevolmente, ( sic) non solo dagli iscritti ma anche dai parlamentari. Un’accoglienza che lo ha inorgoglito in quanto, non è mai stato ” l’uomo degli strappi o delle divisioni”. Crimi, come se fosse a capo di un governo a maggioranza assoluta, non nomina affatto il Pd, fatto insolito per chi subentra per continuare a svolgere il lavoro iniziato dal suo predecessore il che ha creato non poco disappunto, tra i democratici che si sono visti, diciamo per mancanza conoscenza delle regole, tagliati fuori. Ma c’è di più, sul finale del suo dire precisa che ” sul governo non ha il minimo dubbio e lavorerà, in continuità a partire da…Autostrade”. Inoltre il professore Crimi ha anche aggiunto che il suo incarico, nonostante le criticità rilevate, giunge in un momento di crescita del Movimento. Oggi è forse l’unico a parlare di crescita del M5S che tra fughe, espulsioni, passaggi al gruppo misto e confluenze, sulla posizione del senatore Paragone che viaggia, unitamente a Dibba, e tanti altri non può definirsi in aumento. Molto probabilmente, il neo capo politico del M5S voleva forse dire, ma ha dimenticato di affermarlo, che le perdite del Movimento sono un bene, per la conta finale, per sapere chi è veramente grillino e chi no. Infine Crimi parla del lavoro svolto da Di Maio, come sbalorditivo per mole e risultati. Forse un pò di prudenza, nella prima dichiarazione rilasciata alla stampa, sarebbe stata utile visto che, domenica, si voterà in due regioni, Emilia Romagna e Calabria. Prove elettorali molto temute da Luigi Di Maio, per mancanza di riferimenti sul territorio che equivale a raccogliere, potenzialmente, consensi molto limitati. Una scelta, dura e pura, fatta da Grillo e Casaleggio per evitare di inquinare il Movimento con i partiti politici, Pd compreso, nonostante ora in coalizione di governo. Beppe Grillo fece una scelta, discutibile quanto si vuole, ma la fece: ” Il M5S puntava ad una vera e propria rivoluzione con la scheda tanto da riformare il Paese, così come vogliono agli italiani stanchi, dei tanti partiti che promettono e non mantengono i loro impegni e infarciti di corrotti”. Ma le politiche del 2018 portarono il Movimento ad un incredibile 33% ms non alla maggioranza assoluta. Da questa realtà, la difficoltà dei grillini di essere partito di governo in coalizione, prima con la Lega ed ora con il Pd, LeU e sinistra. Il problema è che nel M5S ci sono tante anime che, difficilmente riusciranno a confluire, in un solo alveo politico. Le posizioni, delle componenti, sono molto distanti tra loro. Basti un solo esempio: Dibba ritiene un errore storico, e non solo, la coalizione con il Pd, per motivazioni denunciate platealmente palesemente offensive. Allora Crimi aprirà una nuova mappa politica, tra Di Maio e Dibba, oppure si metterà contro uno dei due? Quello che appare certo è che il M5S deve decidere se tornare alle origini, oppure subire il logoramento peraltro già iniziato, per mancanza di chiarezza sul presente e sul futuro. Va rammentata una frase ormai storica:” Il potere logora chi non l’ha”.