L’Italia avrebbe bisogno di un governo del fare, stabile e coeso, per puntare ad una crescita che vada, ben oltre il previsto 0,5% dl Pil, anno appena iniziato. Non si tratta, come afferma il Premier Conte, di mettere all’opera una coalizione progressista in grado di lavorare, fino al 2023. Quella proposta dall’ex professore, oggi politico a tempo pieno, è una soluzione ma molto difficile per trovare, obiettivi comuni e condivisi. Il Premier non tiene in alcun conto che ha da una parte il Pd, partito strutturato che agisce il funzione di decisioni assunte, e che da poteri al segretario e quindi la possibilità di procedere in una decisione. Dall’altra ha il LeU he non è forza contraria ad una coalizione progressista ed infine c’è il M5S che è l’unione di più parlamentari, per la maggior parte non politici, eletti in Parlamento e amanti delle loro idee, preoccupati del loro futuro, restii a seguire gli ordini calati dall’alto su soluzioni preconfezionate. Cercare di inquadrare, i parlamentari del M5S è un’impresa che non è mai riuscita a nessuno, nemmeno allo stesso Grillo. Persino Di Maio, ex capo politico, ogni volta doveva sudare, le proverbiali sette camice, per portare in porto quelle scarne riforme oggi, peraltro in discussione. Le tante anime del M5S non rispondono, nè a Crini, reggente come capo politico del Movimento e nè a Bonafade, ministro per la Giustizia, ed ora inviato come delagato del Movimento nel governo. E’ inutile rammentare che Bonfede, non è stata una scelta casuale ma voluta, in quanto i grillini, non pro – Pd, sanno perfettamente che il ministro porterà avanti, unitamente a Crimi, le riforme e le promesse fatte agli elettori durante la campagna per le politiche del 2018. Non possono fare diversamente, che che ne dicano Conte o Zingaretti. Se non riescono in questa operazione “recupero credibilità”. il M5S rischia l’implosione che, ovviamente nessuno dovrebbe volere. Conseguentemente, il Premier Conte deve fare i conti con questa realtà e, pur se giusto, visti i forti ritardi del suo governo nel mantenere gli impegni, chiedere di governare fino a fine legislatura per un carniere accettabile. Conte non dovrà solo mediare su tutto ma, sacrificare in parte le proposte del Pd, anche se lo sostiene con rara attenzione, per dare di più al M5S che è nel bel mezzo di una crisi di identità, rispetto al disegno politico di Beppe Grillo. A questo proposito va aperto questo caso. Il fondatore del M5S non sta bene tanto che ha dovuto rinunciare alla sua stagione teatrale. Medici ed analisti hanno scoperto che soffre di apnea notturna che non è una semplice malattia e va curata con un intervento chirurgico. Il M5S, in questo momento, avrebbe avuto necessità di un Grillo in forma, ed invece è distante dal suo lavoro e dalla politica:per ragioni di salute. Così come, i 5S. l’aver costretto Di Maio a dimettersi è la più chiara dimostrazione, di una ingovernabilità di sistema che si muove, contorce, cambia strada, la riprende anche in funzione, della piattaforma Rousseau e dello Statuto, che ha dato troppo potere ad una quantità molto limitata di iscritti. In gioco c’è il destino degli italiani e su questo nessuno può scherzare, nemmeno Zingaretti che per la riconferma di Bonaccini, a governatore dell’Emilia Romagna, ha alzato il vessillo per dire:” Noi siamo il perno dell’Italia per la governabilità”. Prima di dirlo facesse qualcosa di sostanziale senza aggiungere:” Il governo faccia quello che deve fare: sviluppo, lavoro, riforme”. Lui è il vertice del Pd, dica al suo protetto ( o no? ) Conte di fare meno conferenze e più lavoro di squadra senza perdere altro tempo. Se ci riesce ci sarà un governo per altri tre anni, altrimenti se ne traggano le conseguenze, Acquattato, mica tanto, c’è Matteo Renzi che, con Italia Viva, ha avanzato delle precise richieste: Conte è avvertito: Renzi non vuole le politiche anticipate ma un governo che faccia e non si perda nei meandri dei troppi…faremo.