Rivolta nelle carceri e, solo a Foggia ci sono state una cinquantina di evasioni, di cui 40 già catturati dalle forze dell’ordine. Ma la ribellione è molto diffusa per una notizia che era stata data ai detenuti. Per evitare che potessero essere contagiati , durante i colloqui con le famiglie, è stato disposto che, questi incontri, sono stati sospesi, fino a tutto il mese di maggio. La risposta dei detenuti, in buona parte delle carceri disseminate lungo lo stivale, è stata durissima. I detenuti non hanno accettato questa decisione che, poteva essere ” addolcita” spiegando bene le motivazioni e consentendo, un aumento dei colloqui telefonici, con i familiari. Comunque la situazione, con grande fatica delle forze dell’ordine, era ” guidata” dall’esterno dove i familiari, hanno protestato con veemenza, contro la polizia che presidiava le cancellate. Queste le carceri interessate alla rivolta che solo in parte ha danneggiato le strutture: Ucciardone; Rebibbia e Regina Coeli; carceri di Prato e Bologna; Modena, dove si sono verificate, durante i tumulti dei detenuti, 6 morti. Per questa situazione è entrata in azione la magistratura per verificare cos’è accaduto; La protesta si è verificata anche a Salerno, Napoli,Frosinone, Vercelli e Alessandria. Il ministro alla Giustizia Bonafede ha lanciato un messaggio in televisione, chiaramente diretto ai detenuti. “Il problema delle carceri è allo studio – ha detto il ministro – e sarà tale da decongestionare, nel limite del possibile, l’attuale situazione. Ma la disponibilità ha una condizione: con la violenza non si ottiene nulla di nulla”. Un invito quindi alla calma con un suo impegno ad una verifica. Non può essere sottaciuto che da sempre, il problema carceri e sovraffollamento c’è sempre stato e che, tutti i governi e relativi ministri alla Giustizia, hanno promesso di farsene carico. Speriamolo tutti che Bonafede mantenga l’impegno nella considerazione che il carcere, dovrebbe essere solo un luogo per isolare dalla società chi ha sbagliato ma non può diventare una detenzione tortura, dove è impossibile la vita con conseguente abbrutimento del soggetto condannato.