Rigopiano – A tre anni dalla tragedia. I familiari delle vittime, tra lacrime e rabbia

Tre lunghi anni dalla tragedia di Rigopiano. Tre anni durante i quali c’è chi ha indagato ma è partito, dal giorno della tragedia e non dalla Legge dello Stato che ordinava, all’Istituzione regionale che doveva provvedere ad indicare, tutte le aree montane a rischio valanghe. Se fossero stati fatti i rilievi previsti, l’Hotel a Rigopiano non sarebbe mai sorto o, comunque, non avrebbe avuto alcuna autorizzazione a rimanere aperto durante il periodo invernale. Ma a parte questa che non è una considerazione ma realtà, c’è stato chi nella Regione non ha rispettato la Legge. Solo dopo questa base di partenza si può risalire, alle responsabilità che vanno dalla concessione edilizia fino alla manca risposta a quanti, tra le 29 vittime, hanno sollecitato, tutti gli uffici preposti a salvare quanti, ospiti e personale dell’Hotel, erano già sotto metri di neve, ed avevano subito anche più scosse di terremoto. Oggi, 18 gennaio, i familiari delle vittime si sono ritrovati  sul luogo della tragedia per una cerimonia di commemorazione. Le 29 vittime schiacciate, secondo gli esperti, da 129 mila tonnellate di ghiaccio e detriti, in una tomba inviolabile se non dopo, giorni di lavoro intenso, e continuo da parte dei volontari e VV.FF. I familiari delle vittime, tra lacrime  e dolore e rabbia, a spezzoni hanno narrato quello che sono costretti a vivere per una tragedia che, man mano che passano i giorni, si poteva evitare, anche con interventi d’emergenza. Familiari che hanno deposto fiori, anche nell’area sequestrata, dopo l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, hanno pregato e in processione, con le fotografie di chi non è più, con  29 fiaccole in mano, hanno raggiunto Farindola, il paese più vicino al luogo della tragedia, per una messa celebrata nella chiesa di San Nicola Vescovo. Quanta tristezza, sui visi dei familiari che appaiono decisi, ad ottenere giustizia vera, per quanti avrebbero potuto evitare una morte orribile per le 29 vittime che hanno smesso si respirare per soffocamento o assideramento. La domanda che passava di bocca in bocca, tra i parenti delle vittime era una sola, ripetuta continuamente:” Dove sono i veri responsabili della morte di 29 persone? Chi ha violato la legge dov’è? Chi non ha raccolto i ripetuti allarmi dove sono? per quale motivo non sono stati impiegati i mezzi dell’esercito in grado di operare in condizioni proibitive? Possibile che chi siede sulle poltrone di comando non abbia capito nulla?  Chi ha gestito gli spazzaneve inviati, a destra e a manca, ma non verso l’Hotel di Rigopiano? Domande che non meritano risposte superficiali ma esaustive: si tratta di fare piena luce sulla morte di 29 persone. Il che non è cosa di poco conto.

Foggia – La mafia sfida lo Stato che non c’è. Chi ha mancato ai suoi doveri?

Dove lo Stato non c’è e le istituzioni decentrate latitanti. Questa è la verità su Foggia e, più in generale nella sua provincia, fenomeno drammatico  che solo ora viene scoperto: come se fosse un fungo cresciuto in una sola notte. La relazione semestrale al Parlamento della Dia parla del ” caso” Foggia che si è sviluppato in “un contesto omertoso e violento, dovuto al legame di gruppi criminali con il territorio e, alla diffusa consapevolezza che la mafia è spietata e punisce pesantemente, chi si ribella . La mafia foggiana – prosegue il documento della Dia – vuole emulare  la ‘ndrangheta, anche in un’ottica espansionistica, con una ” terra di mezzo” dove s’incontrano affari leciti ed illeciti”. Inoltre la Dia, nel suo rapporto, ha sottolineato la ” radicata penetrazione della ‘ndrangheta nella politica e la partecipazione nei crimini ambientali”. Infine, per la mafia siciliana il traffico di droga rimane una delle maggiori attività per ottenere una ricchezza in contanti”. Bene la Dia, ma quello che più interessa, non dove i fenomeni mafiosi esistono da sempre, come la Sicilia, e che vede lo Stato impegnato  a contrastarla con operazioni anche di rilievo. Quello che lascia sconcertati è l’esplosione del fenomeno mafioso, dove la malavita c’è sempre stata, ma non aveva mai subito una così rilevante trasformazione, nello scenario delinquenziale. A Foggia, come in tutta Italia, esistono i presidi delle forze dell’ordine e della magistratura ed è impensabile che non abbiano avuto sentore, che il sistema mafioso si stava radicando sul territorio, tanto da terrorizzare la popolazione senza, intervenire efficacemente, per contrastare il fenomeno, così pericoloso, o chiedere aiuto allo Stato centrale per bloccare, o tentare di colpire subito chi ha fatto dell’illegalità, prepotenza e vendetta l’arma verso chiunque si oppone alla loro ” legge”. Ecco si vorrebbe sapere se lo Stato centrale, davanti a questa realtà, oltre che ad inviare rinforzi alle forze dell’ordine, non abbia in animo di aprire un’inchiesta per comprendere chi, non ha fatto in fondo il suo dovere o se lo ha fatto, comunicando a Roma la situazione che si stava determinando a Foggia e non abbia trovato chi se ne occupasse con la dovuta solerzia. Qualcosa, com si evince chiaramente, non ha funzionato

Berlino – Rischia il fallimento la Conferenza sulla Libia

La Conferenza di Berlino, prevista per domenica prossima, rischia l’insuccesso per i fatti che sono accaduti nelle ultime ore. Non c’è nessun accordo, nemmeno in embrione, tra Sarraj, capo del governo riconosciuto dall’ONU, con il generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica. Inoltre, nonostante la tregua, è stata bombardata, dai sostenitori del generale, Egitto e Arabi Uniti, Tripoli. Inoltre lo stesso Haftar ha inviato una missiva a Mosca, confermata dalla Tass, dove si afferma che, dopo Berlino parteciperebbe molto volentieri, ad un summit sulla Libia da tenersi nella capitale russa. Il fatto inconsueto è che la lettera, indirizzata al Presidente Putin, viene definito:” Caro amico”. Non ci sarebbe da meravigliarsi se Sarraj disertasse l’invito della Merkel o lo facesse il generale della Cirenaica. Inoltre a complicare ulteriormente le cose, il Presidente  della Turchia, Erdogan, ha confermato che le sue truppe si stanno dislocando nelle aree controllate da Tripoli e che ha già inviato, in Libia, postazioni antiaeree e anti missili. A Berlino ci sarà sicuramente, il Presidente russo Putin e il segretario di Stato americano Pompeo. Ignorato dai turchi l’appello, lanciato dal Premier italiano Conte, ieri ad Algeri, di non inviare soldati ed armi in Libia per aiutare, questo Paese, a trovare una stabilità che manca da anni. Molto probabilmente, la diplomazia si è fidata troppo dei sì, che sono arrivati a Berlino, tanto da bruciare i tempi per una Conferenza di pace o, comunque, per avviare un processo su questa linea, unica possibilità per evitare uno scontro frontale, tra Paesi della Regione e non solo, che parteggiano, per Sarraj o  Haftar. Le notizie di questa sera, non sono confortanti tanto che fonti del governo di Tripoli, non escludono che Sarraj possa inviare solo, una delegazione del suo governo, e disertare la Conferenza. Per dipanare questa matassa occorrerà, questo si può dedurre, molto lavoro e far preparare, i due leader libici, ad un incontro, dopo che le loro delegazioni avranno maturato il concetto di pace, nel loro stesso interesse, ed in quello del Paese. Troppi “giochi” sono ancora coperti, troppi gli interessi che vanno messi in conto. C’è una sola certezza, almeno fino a questa sera: le truppe turche, continuano ad attestarsi e le batterie contraeree e anti missili, sarebbero già funzionanti. Tutto il resto è avvolto in una fitta cortina fumogena tanto che già si parla, dopo la Conferenza di Berlino, di farne un’altra a Mosca.