Il 20 gennaio, l’ex ministro per l’Interno saprà se, la Giunta per le immunità del Senato lo consegnerà, o meno, alla magistratura ordinaria per il caso della nave militare ” Gregoretti”. La storia è nota: il Guardiacoste è rimasta in rada e in porto, con i clandestini a bordo, senza poter mettere i piedi a terra. L’ex ministro fu perentorio, anche per la nave militare ” Diciotti”, due casi uguali che, per la verità della cronaca conosciuta, non hanno visto nè il ministro Di Maio e nè il Premier Conte, intervenire per mettere fine ad un sequestro di persona. Con questo non si vuole affermare che, il rozzo ex ministro dell’oltre Po, ha agito bene nel lasciare le navi, in mare aperto, per giorni e giorni. Si vuole soltanto sapere la verità e cioè se da Palazzo Chigi c’è stato un intervento del Premier, contro la posizione del ministro, e cosa ha fatto Di Maio. Chiariti questi punti si avrebbe un quadro esatto anche delle responsabilità, se singole o collettive. Comunque il leader della Lega saprà la sua sorte il 20 gennaio. Come si è arrivati a questa data, dal momento che la maggioranza di governo aveva fatto di tutto per sposarla a dopo le due regionali del 26 gennaio. Alla votazione ha partecipato anche la Presidente del Senato Casellati, dopo aver integrato, i due senatori di maggioranza. Così la votazione finale è stato un pareggio 6 a 6. Alle dure polemiche, nei confronti della Casellati, la Presidente ha risposto che ” respinge ogni messa in discussione della sua terzietà”. Così ora la situazione si sposta nel campo del Pd:” I componenti la Giunta per le immunità parteciperanno alla riunione di lunedì 20 gennaio?” Chiaramente la situazione ha determinato sconcerto nella maggioranza di governo, esternato dalla capogruppo del Misto, Loredana De Petris:” La Casellati aveva più volte detto he non avrebbe partecipato al voto, invece ha fatto una scelta che non possiamo non considerare di parte, quanto accaduto non ce lo saremmo mai aspettato” . Ma a parte le polemiche, tra maggioranza ed opposizione va detto che, la politica ha delle regole non scritte, ma che vengono seguite da sempre. Un parlamentare, chiunque sia, se non ha commesso reati contro la persona o il pubblico patrimonio, non va consegnato alla giustizia ordinaria, nel tentativo di eliminarlo dalla scena politica. La contrapposizione politica, le diverse strategie, la vittoria finale non la può e, non la deve decidere, la magistratura, ma la bontà delle proposte e la condivisione degli elettori. Questa è la politica se poi c’è chi ricorre, a qualsiasi mezzo per mettere fuori causa l’ avversario, mortifica la forza delle sue idee ed altera, fino a sfilacciare la democrazia che chiede, per essere credibile e partecipata, lealtà nel battere l’avversario mai da definire “nemico politico”.
Roma – Renzi:” Revoca autostrade: si può?”. Pd incerto. Di Battista a Di Maio:” Fuori Benetton”
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, si è inserito sulla revoca ad Autostrade, durante la partecipazione ad una trasmissione, a Radio Capital. Renzi ha sostenuto che ” La revoca sta in piedi se ha basi giuridiche oppure si rischia di fare un bel regalo ad autostrade che vorrà un risarcimento d 40 miliardi di euro. E’ certamente giusto sostenere che chi è colpevole debba pagare ma – ha proseguito Renzi – bisogna perseguire i responsabili, con serietà e senza spaventare gli investitori”. Il vice ministro allo Sviluppo Economico, Stefano Buffagni del M5S a sua volta ha precisato:”Stiamo parlando di atti dovuti anche se la vera domanda è ” cosa avete fatto fino ad oggi?”. Ma subito dopo gli annunci di revoca dlle concessioni, il socio di riferimento di Atlanta ha fallito e Buffagni ha aggiunto:” E’ il caso di fare scelte diverse?”. Intanto Autostrade non è ferma ed ha presentato un piano di investimenti di circa 7 miliardi con 1000 nuove assunzioni e monitoraggio, con sistemi ultra sofisticati ed in tempo reale: di viadotti, ponti e gallerie. Il tentativo di Autostrade è quello di calmare le acque della politica, provare a riconquistare la fiducia persa, anche a livello di pubblica opinione e salvare le concessioni. Il completamento del dossier è sul tavolo del ministro Paola De Micheli ed è una decisione che scotta, comunque sarà deciso. La realtà, che va oltre le tattiche e strategie, l’ha messa a punto Di Battista, il grillino doc che rivolgendosi a Di Maio lo ha invitato, senza tentennamenti a togliere le concessioni a Benetton ed ha rammentato che, le 43 vittime del Ponte Morandi crollato per incuria, nell’ordinaria e straordinaria manutenzione ha determinato la tragedia. Dice bene Renzi:” Perchè crisi di governo, che abbiamo votato per fare le cose seriamente, per le concessioni?”. Dice bene anche Buffagni ma Di Maio, capo politico del M5S, oggi non ha più la forza di opporsi a Di Battista e ai parlamentari, sempre meno compatti e spaventati dal crollo dei consensi che, saranno confermati a meno di miracoli, alle regionali del 26 gennaio in Emilia Romagna e Calabria. Il gioco al massacro politico è in corso anche nel Pd dove i riformisti, sono decisi a proseguire la collaborazione con i 5 Stelle, evitando elezioni anticipate che, nessuno vuole, mentre aumentano i dubbi i dubbi anche per altre decisioni come la prescrizione abolita.
Roma – Tutti alla Conferenza di Berlino per propri interessi, anche Serraj e Haftar.
Tutti a Berlino perchè la tregua in Libia regga e, per iniziare un processo di stabilizzazione di quel Paese, al centro del Mediterraneo e a poche miglia, dalla costa italiana e dai confini dell’Unione Europea. Dagli impegni c’è il sì di Serraj, capo del governo riconosciuto dal”Onu, e non mancherà il generale Haftar che oggi ha ricevuto a Bengasi il ministro del governo tedesco Maas, giunto appositamente per ottenere, la sua presenza. Ci sarà il Presidente Putin e il segretario di Stato americano ( chi si rivede per il Mediterraneo ) Pompeo, e l’Italia sta facendo di tutto per ottenere che, questa conferenza riesca a far tacere le armi, a calmare i bollenti spiriti dei Paesi arabi, Egitto ed Emirati Uniti, che appoggiano Haftar con l’intento, di scalzare Serraj o di dividere il Paese in due. Il Premier Conte, oggi era in Algeria, giunto dopo aver avuto incontri con i Presidenti della Turchia, Erdogan e dell’Egitto al Sisi. Con tutti Conte ha sostenuto che la Libia non ha bisogno, nè di altre armi e nè, di altri soldati. Ma proprio oggi, il Presidente Erdogan ha rilasciato una dichiarazione per far sapere che le sue truppe, si stano dislocando in Libia, per difendere il governo legittimo di Serraj. Intorno a questo Paese ci sono tantissimi interessi politici, economici e per “corridoi” non solo economici. Si vuole dire che intorno al tavolo di Berlino, a parte l’Italia che ha interessi anche economici ma soprattutto di sicurezza, visto che il Paese è già frequentato da combattenti di ventura, una volta Isis, che potrebbero facilmente penetrare ,nel nostro Paese come in quelli europei. Ogni partecipante alla Conferenza di Berlino, questa è la realtà, a parte il mantenimento della tregua rappresenterà interessi diversi e tra loro contrastanti. Certamente giusta la posizione dell’Italia di coinvolgere i Paesi confinanti, in un processo di pace della Libia che passa anche dalla loro collaborazione, ma non tutti, come avviene sempre, sono praticabili. Semmai durante la conferenza anche i lupi sembreranno agnellini ma, bisognerà capire, se sarà possibile, cosa celano nel non dire i loro interessi. Così come il governo italiano ci vada piano ed ottenga, tutte le garanzie possibili dall’Onu, UE e Paesi africani confinanti, se verrà chiesto di delocalizzare, parte del nostro contingente in M.O., in Libia. E’ terra che brucia, un Paese squassato da guerre continue e da un frazionamenio del territorio, tra le tante tribù che governano la loro fetta. Non conviene all’Italia di fare il classico passo in avanti. Meglio attendere che venga chiesta una nostra presenza, così come chiesta in Libano e per altri Paesi. Non è prudenza ma è l’unico modo per gestire una realtà, molto pericolosa ed esplosiva, per fare i primi della classe.