Roma – Salvini avrebbe le carte sulla Gregoretti. Conte e Di Maio “bugiardi”: sapevano

La politica non finirà mai di meravigliare. il ministro Di Maio, seguito a ruota dal Premier Conte hanno dichiarato, per mettere spalle al muro l’ex ministro dell’interno, quel rozzo uomo politico dell’oltre Po, che sul caso Gregoretti, loro due non sapevano nulla. Un via libera alla richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania che, vorrebbe processare Matteo Salvini, per sequestro di persona e abuso di potere. Avrebbe impedito lo sbarco di migranti, 131 riamasti a bordo della nave della Guardia Costiera, prima in mare aperto e poi nel porto militare di Augusta. Un caso analogo era accaduto, stesso governo, identico Presidente del Consiglio e ministro allo Sviluppo e vice Premier Di Maio. Ma all’epoca c’era un Triunvirato Conte, Di Maio, Salvini. Ora le cose sono cambiate e c’è un triunvirato che vede Conte, Premier passato, senza nessun problema etico, dalla coalizione M5S – Lega a M5S – Pd, non è un passaggio di poco conto, per programma e impostazione degli interventi da effettuare. Si tratta di due volti diversi della società: Cd e Cs. Così Conte e Di Maio  cercano di consegnare, un leader scomodo come Salvini, ( preferiamo definirlo rozzo ), alla magistratura ordinaria per eliminarlo dalla scena politica. Un fatto inaudito che si fa all’ università, per cambiare rettore, ma non è nemmeno immaginabile in politica dove, gli avversari, si dovrebbero battere con il voto, mantenendo uno stile ed una corretta interpretazione, dei diversi ruoli. Ma Di Maio sta cercando di arrampicarsi sugli specchi, in vista delle regionali in Emilia Romagna e in Calabria, dove è molto difficile riesca a raggranellare voti in quanto, come noto, il M5S non è radicato sul territorio nazionale, per una scelta precisa, e che solo da pochi giorni ha cambiato rotta. Inoltre, gli iscritti al Movimento hanno scelto di andare da soli alle regionali del 26 gennaio e non con il Pd, partito che non piace ai pentastellati, compresi molti parlamentari: è un’alleanza che non può durare non è questo lo spirito del Movimento. In verità lo pensa anche Zingaretti, sin dai primi passi insieme a Di Maio. I democratici devono decidere cosa fare, così come Italia viva di Renzi. Insomma tutto sembra sospeso forse in attesa di una “testa d’ariete”. Salvini, continua a pigiare sugli elettori per le regionali e la Lega ha  tirato fuori il primo asso dalla manica: l’ex ministro per l’Interno ha conservato, una copia delle interlocuzioni  scritte, riguardanti il caso migranti sulla neve Gregoretti, quando era al Viminale. Si tratta di una vasta documentazione  di contatti  tra l’ex ministro dell’Interno, la presidenza del Consiglio, il ministro degli Affari Esteri e organismi comunitari. Inoltre sulla redistribuzione dei migranti, secondo la Lega, era stata contattata anche la Cei. Se fosse vera questa notizia verrebbe dimostrato che, Conte e Di Maio, affermano il falso. Una nuova fase che preoccupa moltissimo, il segretario del Pd Zingaretti: si troverebbe con compagni di viaggio bugiardi pur di colpire il leader della Lega. A questo quadro va aggiunto l’attacco frontale ai democratici, dell’ex ministro Calenda: ” Vi siete persi”, la posizione di Renzi che preferisce tacere. C’è però l’azione di Salvini, che ha, voti e collegi sicuri da offrire, ai pentastellati a corto di voti e ai democratici a corto di idee. Dall’alto di quel, 32,5% che sarà pure frutto di sondaggi, ma è certamente molto ma molto di più, della quotazione del M5S bloccato al 16,5% e del Pd al 20%. Campagna acquisti? Certamente deprecabile. Ma Se c’è chi viola la norma politica del rispetto reciproco, tutto diventa legittimo. L’operazione acquisti è stata spostata a gennaio per mandare a casa il governo Conte e, lo stesso premier, per andare ad elezioni anticipate. Possibile? Si possibilissimo in Parlamento la maggioranza non vuole andare al Referendum con il taglio dei senatori e deputati. Per molti sarebbe scegliere la disoccupazione.

Torino – Operazione “Fenice” l’assessore Rosso arrestato: eletto dalla ‘ndrangheta

Nuova ondata di arresti, della Guardia di Finanza di Torino, iniziata questa mattina all’alba. Otto ordinanze e in manette è finito anche, Roberto Rosso, assessore ai Diritti civili della Regione Piemonte che ha già rassegnato le di missioni dal suo incarico, non appena finito dietro le sbarre. La nota stilata a mano è già nelle mani del governatore Alberto Cirio. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dalla Direzione distrettuale antimafia torinese che ha anche disposto l’immediato sequestro di beni, su tutto il territorio nazionale, di soggetti legati alla ‘ndrangheta radicati nel territorio di Carmagnola ma operanti a Torino. L’accusa, che ha portato in carcere Roberto Rosso, oggi nei Fratelli d’Italia ex Forza Italia, è tra le più infamanti: voto di scambio politico – mafioso. Su tutte le furie la leader del partito, Giorgia Meloni, che alla notizia ha subito affermato:” Mi auguro che possa dimostrare la sua innocenza ma se questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerare, già fuori dal partito e Fratelli d’Italia si costituiranno parte civile, in un eventuale processo. Il Procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo,  nel parlare dell’operazione ” Fenice” della Guardia di Finanza  sulla ‘ndrangheta nel torinese ha detto:” Secondo le risultanze delle indagini, Roberto Rosso, è sceso a patti con i mafiosi. E l’accordo ha avuto successo”. Gli investigatori hanno operato con documentazioni inoppugnabili: filmati degli incontri tra Rosso e i boss mafiosi , tra cui  Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria. Il fatto gravissimo è che gli investigatori hanno scoperto che che c’era piena consapevolezza del personaggio politico con intermediari mafiosi. Costo per ottenere un pacchetto di voti e quindi l’elezione alla Regione Piemonte? 15 mila euro, regolarmente pagata. Ecco il motivo che ha fatto scattare le manette. Le infiltrazioni mafiose nel Nord Italia, come in altri Stati europei era nota da tempo. E molto probabilmente, il politico e amministratore Rosso, non è l’unico nella lista sotto la lente d’ingrandimento della Direzione distrettuale antimafia torinese: se la ‘ndrangheta si è spostata, con i suoi tentacoli,  lungo le regioni bagnate dal Tirreno e nel Nord Italia ed ha consolidato la sua presenza, in giacca e cravatta, ha trovato terreno fertile per il loro business. Questa non è gente che perde il suo tempo o riesce ad infiltrarsi o recede e cambia zona. Così come, ogni sistema mafioso, si muove dove c’è molto denaro da poter guadagnare, raggiungendo accordi a ragnatela.

Taranto – Patuanelli ai Commissari ex Ilva:” Avanti con nuovo contratto ArcelorMittal”

Per risolvere il grosso problema dell’ex Ilva ci sarà, un nuovo piano industriale di ArcelorMittal che prevede, investimenti in tecnologia verde. Non è noto di cosa si tratti ma riguarda certamente l’abbattimento delle polveri e  l’alimentazio ne degli alti forni. Questo settore verrebbe realizzato, da una nuova società finanziaria, formata da investitori pubblici e privati. La notizia è stata resa nota, dallo stesso gruppo  franco – indiano, che ha già firmato un pre – accordo  con i commissari ex Ilva. Per varare questo primo accordo c’è stata l’autorizzazione, del ministro allo Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, dopo aver ascoltato i commissari straordinari che hanno così potuto firmare degli Heads of Agreement. Lo si può dire, con questo passaggio, sono state poste le basi per trovare, un accordo completo entro il 31 gennaio, dell’anno prossimo. Inoltre nel protocollo d’intesa c’è un impegno preciso:” Il governo italiano. alla luce dell’interesse strategico nazionale, delle attività ex Ilva  e del suo impegno,  per realizzare un nuovo accordo verde, è fortemente impegnato a preservare  il business come impresa corrente e gli attuali livelli occupazionali sulla base e perfet tamente coerenti  con il nuovo piano industriale, attualmente in discussione, tra le parti. La società, franco indiana, punta a produrre 8 milioni di tonnellate di acciaio entro il 2023 così come scritto nel protocollo di intesa. Appare evidente che in questa fase, l’ArcelorMittal, i commissari ex Ilva e il governo, nell’accordo da chiudere nel mese di gennaio, dovranno riuscire a raggiungere insieme alla produzione, punto cardine per imboccare la strada della tecnologia verde, a difesa degli abitanti di Taranto e circondario. L’ultima  e decisiva parola spetterà ai sindacati decisi ad evitare licenziamenti, prepensionamenti o cassa integrazione. L’attuale quantità di lavoratori, questo è quello che si comprende, verrà impiegato per la produzione vera e propria e, per rendere lo stabilimento e l’area rivierasca – portuale priva, di pericoli per la salute degli abitanti di Taranto che hanno subìto, per decenni, guasti ampiamente dimostrati dai sanitari dell’ospedale specializzati in Oncologia. La strada intrapresa potrebbe cambiare il destino di Taranto, grazie ad interventi mirati, e dell’acciaieria che non sarebbe più il mostro da combattere ma, una fonte di reddito molto importante in una città meridionale. Questo è il modello da perseguire utilità e salute.