Roma – Tensione sempre alta tra M5S e Pd non solo sulla prescrizione

Le distanze tra il M5S e il Pd, partiti della coalizione di governo, tendono ad allargarsi ed approfondirsi, nonostante gli altolà, dall’una e dall’altra parte. Alla base delle profonde incomprensioni la visibilità necessaria, al M5S, per dimostrare che non c’è stato alcun appiattimento sul Pd.  E i dei dem, a loro volta sono in difficoltà, in quanto si trovano insieme al governo, con un Movimento con due ruoli, di maggioranza ed opposizione. Oggi c’è stata l’uscita del ministro per la Giustizia Bonafede che, bontà sua ha dichiarato:” Non voglio la crisi di governo, non voglio rompere con nessuno  sulla prescrizione”. Dichiarazione che arriva dopo le ultime pesanti tensioni che ci sono state e rimangono tra i partiti che formano la maggioranza. Il ministro ha proseguito:” Mi rifiuto di pensare che la coalizione, M5S – Pd, possa mandare in crisi un governo per la prescrizione. Se ci sono altre proposte – ha proseguito Bonafede – sono pronto a vagliarle ma non a far rientrare, di nascosto,  le prescrizioni. Sono convinto  che con questa maggioranza  ci sia la possibilità di lavorare insieme sulla giustizia in una prateria molto ampia”. Intanto il M5S , proprio sul tema prescrizioni, ha chiesto  al Pd di mettere, la parola fine all’Era Berlusconi, esprimendo la certezza che i dem faranno la scelta giusta. La risposta del Pd, a più voci, è giunta a stretto giro:” La riforma è nelle mani del Premier Conte non certo in quelle delle ” veline” del M5S”. E il parlamentare Marcucci ha aggiunto:” E’ necessario intervenire con correttivi, su questi decida Di Maio, se vuole condividerli  o lasciare che si esprima, in piena libertà, il Parlamento”. Ma non è tutto, il capogruppo dem alla Camera, il compassato Delrio ha precisato, come avvertimento al Movimento:” Il Pd non sta al governo a tutti i costi e non restiamo a scaldare le sedie”. Tutto qui? No c’è molto di più. I due partiti, con questi attacchi e contrattacchi, mandano segnali agli elettori, per diversificarsi sulle decisioni e conservare, due identità diverse ed utilissime al momento delle elezioni, anticipate o meno. Cioè il corpo elettorale deve sapere per chi votare tra M5S e Pd forze politiche che non andranno mai più insieme a livello locale e nazionale.

Parigi – La Francia bloccata dallo sciopero generale. Parigi brucia e Macron non tratta

E’ molto difficile comprendere, come sia stato possibile che il Presidente della Francia, Macron, per la riforma delle pensioni sociali,  sia riuscito a mettersi contro tutto un mondo che farà di tutto, per farlo cadere o comunque, per mandare a carte e quarantotto l’immagine del Paese. Oggi lo sciopero generale, proclamato da sindacati, partiti d’opposizione,  gilet gialli e altre organizzazioni, ha bloccato il Paese. Gli scontri tra polizia e dimostranti si sono verificati nella capitale dal centro alla periferia. Scontri ai quali hanno partecipato i black bloc, vestiti di nero, pronti s distruggere tutto per poi sparire. Fermo il metro, autobus, treni, scuole e persino la Torre Eiffel, interdetto l’accesso per mancanza di personale sufficiente a garantire sicurezza e assistenza. Parigi è letteralmente blindata, con 6000 agenti, che intervengono per tentare di limitare i danni, non solo d’immagine ma anche materiali. I black bloc e gilet gialli hanno distrutto vetrine addobbate per le festività, ormai prossime, bruciato cassonetti per i rifiuti e auto parcheggiate, scagliato contro gli agenti pietre e pezzi di ferro, alzate barricate. Scontri durissimi, sostenuti da una opinione pubblica, che non vuole la riforma delle pensioni sociali, cavallo di battaglia del Presidente Macron. Manifestazioni sono segnalate anche nelle maggiori città francesi: una vera e propria “rivolta” contro governo e Presidente che non intende tornare indietro, anzi andrà avanti a passo di carica. Una Francia dilaniata da uno scontro che non promette nulla di buono se si considera che, alcune categorie, del trasporto pubblico, hanno già deciso di prolungare lo sciopero generale, fino a lunedì e chiunque sa che, muoversi a Parigi senza metropolitana e autobus, è praticamente impossibile per distanze e per inevitabili imbottigliamenti. Il futuro della Francia così divisa non può che essere messa in discussione non solo dai Paesi dell’UE ma anche oltre. Non sembra possibile che, nel terzo millennio, per la riforma delle pensioni sociali si debba andare ad uno scontro di così elevato livello. Forse sarebbe stato più opportuno trattare e raggiungere un’intesa che, secondo i sindacati, è stato tentato ma reso impossibile dal Presidente che non scende ” dal suo trono, nonostante non sia Napoleone”. Macron è di parere diverso e continua ad affermare che, su questa riforma, non c’è margine ditrattativa  e va attuata. .

Roma – M5S:”Voto pacchetto finito”. Conte si adegua. Pd”Alt a diktat o elezioni”

Intervento a gamba tesa, del Presidente dell’eurogruppo, Mario Centeno, che ha osservato:” Non ci sono ragioni per cambiare il testo ed annuncio che la firma del Mes ci sarà all’inizio del nuovo anno”. Inoltre c’è stato l’intervento di Visco  che ha definito la ” riforma giusta” in quanto introduce modifiche limitate”. Ed anche l’ex Presidente Bce è del parere che, il Mes, può essere votato. Ma la maggioranza è più che divisa. Di Maio e Di Battista marciano di conserva:” Modifiche da apportare e comunque slittamento, fino ad un pacchetto completo, sul quale si esprimerà il Parlamento”. Il leader della Lega insiste:” No, il Mes così come è stato redatto e per come sarà completato mette a rischio il risparmio degli italiani” e questo chiodo fisso, ha fatto breccia nella pubblica opinione e quindi gli elettori, non sono affatto tranquilli. Diversa la posizione del Pd che con il Parlamentare Delrio, capogruppo alla Camera, ha indirizzato un chiaro messaggio al M5S:” Il Mes può essere votato e comunque non si va avanti con minacce e diktat da parte dell’alleato. Noi del Pd non abbiamo paura delle elezioni anticipate”. Dal canto suo, il Premier Conte, ha nuovamente affermato che non ha firmato nulla e che  non ha, alcuna intenzione di andare avanti, senza l’ok del Parlamento. Lui quindi sosterrà il rinvio per ottenere di portare, in Parlamento, il pacchetto completo di modo che il voto riguardi l’intera riforma per una valutazione completa. Conte, ha inoltre sostenuto che”… non ci sarà nessuna brutta figura dell’Italia: c’è una sintesi nazionale da fare e non c’è alcun ricatto, comunque – ha concluso il Premier-  non ci faremo fregare. Un rinvio che ci sarà per evitare che, la fanfara di Salvini e &, ottenga il favore dell’opinione pubblica sul nulla”. Infine Di Maio è in pressing:” dobbiamo migliorare  il testo del Mes per il bene del Paese e senza determinare paure sui risparmi degli italiani. La nostra decisione è definitiva: si discute l’intero pacchetto una volta portato a termine”. In realtà, sta accadendo quello che abbiamo sempre sostenuto. Tra M5S e Pd c’è un problema che è nato nel momento in cui è stata varata la coalizione. Nessuna delle due forze politiche vuole perdere la propria identità, cosa che accadrebbe se, su tutti i provvedimenti, ci fosse un appiattimento. La dimostrazione di questo pericolo è avvenuta per le regionali in Umbria dove la civica, sostenuta dal Pd e M5S e Leu, per eleggere un governatore senza bandiera, ha fatto precipitare il Movimento ad una sola cifra, mentre il Pd ha mantenuto, tutto sommato, i suoi voti, delle europee. E non è un caso che, gli iscritti del M5S hanno deciso di andare da soli, in Calabria ed Emilia Romagna, incuranti che il M5S non ha radici sul territorio e quindi è una prova complicatissima. Così come non è un caso che Renzi, leader dell’Italia viva, non ha partecipato alla riunione di maggioranza ma guarda dall’esterno, come si maltrattano Pd e M5S e prende le distanze, da un crollo della coalizione verderossa, dove aumenta  il disaccordo su metodo e riforme.