Maggioranza e minoranza del Pd hanno deciso di non scegliere nulla e di far slittare tutto a tempi migliori. La motivazione trovata, dai 294 delegati e otto astenuti, è nel momento storico che sta attraversando il partito ma anche la politica e il destino dell’Italia. Così congresso da convocare a tempo debito e quindi fiducia al reggente Martina da tutte le componenti. E’ stata una decisione saggia: uno scontro oggi o nel breve periodo poteva determinare uno scontro al calor bianco, tra la maggioranza e la minoranza, e nessuno poteva escludere a priori una resa di conti con nuove di missioni o scissione. Renzi, Martina, Fassino, Rosato Guerrini, Gentiloni hanno sostenuto che l’impegno da affrontare è l’opposizione al nascente governo gialloverde e alla ricostruzione del cen trosinistra per affrontare le nuove sfide elettorali. Una pax interna, dettata da motivi più che validi anche se un chiarimento all’interno del partito, non può essere rimandato alle calende greche. Per essere credibili non è possibile che Emiliano faccia il battitore libero, a giorni alterni sull’Ilva, l’acciaieria più importante d’Europa. A Cuperlo di cercare una filosofia di una sinistra perdente in tuto il vecchio continente o a Orlando, che alle volte può avere ragione su determinati argomenti ma non ora. Il Pd, unitariamente si deve rigenerare e se non riuscira a trovare un’anima comune fi nirà ad ottenere suffragi ad una sola cifra, come accadde per i socialisti.