Roma – Le dimissioni dell’ex Fioravanti crea instabilità al governo

Prove di scissioni nel M5S ed anche di fughe, verso la possibilità di essere rieletti. Le dimissioni dell’ex ministro all’Istruzione Fioravanti per formare un gruppo parlamentare autonomo, ma… filogovernativo, dà il senso della coesione che c’è nel Movimento, in coalizione con il Pd, per governare il Paese. Per non parlare delle trattative, più o meno coperte di parlamentari, soprattutto senatori del M5S ma anche del Pd, con la Lega di Salvini ,per poter ottenere collegi sicuri e tornare in Senato o alla Camera. L’attacco di Di Maio all’ex ministro si può comprendere: la fuga dal Movimento, di un ex ministro, che non passa ad altra sponda ma rimane, nella maggioranza con l’intento di condizionare l’azione dell’attuale Premier Conte, è una trovata nuovissima che non ha precedenti. Così come non si comprende, la frontiera tracciata dal ministro per gli Esteri Di Maio, nei confronti del Pd, allorquando oggi ha affermato:”  Nel 2020 una tra le prime cose da inerire, nella nuova agenda di governo, dovrà essere la revoca della concessione ad Autostrade Spa con affidamento all’Anas e con l’abbassamento delle tariffe per i pedaggi”. Inoltre Di Maio, occupa tutta la scena  nell’affermare che le famiglie delle vittime, del ponte Morandi, aspettano risposte che noi gli daremo, non solo a loro, ma a tutto il Paese. Un intervento su Facebook di questa portata, senza citare nemmeno una volta il Pd che è in coalizione con il M5S. Infine Di Maio ha tirato fuori una certezza:” E’ una enorme sciocchezza il fatto che la revoca ad Autostrade Spa costerà allo Stato 23 miliardi di euro”. Certo revocare si può ma attenzione: nonostante il crollo del ponte a Genova, le vittime e la condizione disastrosa di tanti viadotti, in una causa, i magistrati terranno presenti non solo questi fatti ma anche altri che, allo stato, non si conoscono. Quello che colpisce molto è che nessuno vuole andare ad elezioni anticipate, a partire da Forza Italia, pronta a fornire il sostegno al premier Conte, facendo scendere in campo i ” responsabili”, per saturare le falle aperte nella maggioranza.  Ma nessuno evita scontri, con  dichiarazioni che hanno il sapore di veri e propri diktat. Cosa accadrà a gennaio non lo sa nessuno, è noto però  che nel Pd cresce la voglia, di staccare la spina per ottenere, con un colpo solo, il ridimensionamento o la cancellazione di Italia Vera di Renzi che non supererebbe lo sbarramento, la capitolazione dei Forza Italia, il dimensionamento a ribasso del M5S, oggi partito di maggioranza relativa. Nel Pd sta maturando la convinzione che non ci sarebbe la vittoria del centro destra per una serie di motivazioni. Una prova di forza del Pd? Possibile se vince quella parte del partito che vuole mantenere ben salda la sua identità politica, “opacizzata”, continuamente, dal comportamento inusuale, del Movimento.

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