Intervento a gamba tesa, del Presidente dell’eurogruppo, Mario Centeno, che ha osservato:” Non ci sono ragioni per cambiare il testo ed annuncio che la firma del Mes ci sarà all’inizio del nuovo anno”. Inoltre c’è stato l’intervento di Visco che ha definito la ” riforma giusta” in quanto introduce modifiche limitate”. Ed anche l’ex Presidente Bce è del parere che, il Mes, può essere votato. Ma la maggioranza è più che divisa. Di Maio e Di Battista marciano di conserva:” Modifiche da apportare e comunque slittamento, fino ad un pacchetto completo, sul quale si esprimerà il Parlamento”. Il leader della Lega insiste:” No, il Mes così come è stato redatto e per come sarà completato mette a rischio il risparmio degli italiani” e questo chiodo fisso, ha fatto breccia nella pubblica opinione e quindi gli elettori, non sono affatto tranquilli. Diversa la posizione del Pd che con il Parlamentare Delrio, capogruppo alla Camera, ha indirizzato un chiaro messaggio al M5S:” Il Mes può essere votato e comunque non si va avanti con minacce e diktat da parte dell’alleato. Noi del Pd non abbiamo paura delle elezioni anticipate”. Dal canto suo, il Premier Conte, ha nuovamente affermato che non ha firmato nulla e che non ha, alcuna intenzione di andare avanti, senza l’ok del Parlamento. Lui quindi sosterrà il rinvio per ottenere di portare, in Parlamento, il pacchetto completo di modo che il voto riguardi l’intera riforma per una valutazione completa. Conte, ha inoltre sostenuto che”… non ci sarà nessuna brutta figura dell’Italia: c’è una sintesi nazionale da fare e non c’è alcun ricatto, comunque – ha concluso il Premier- non ci faremo fregare. Un rinvio che ci sarà per evitare che, la fanfara di Salvini e &, ottenga il favore dell’opinione pubblica sul nulla”. Infine Di Maio è in pressing:” dobbiamo migliorare il testo del Mes per il bene del Paese e senza determinare paure sui risparmi degli italiani. La nostra decisione è definitiva: si discute l’intero pacchetto una volta portato a termine”. In realtà, sta accadendo quello che abbiamo sempre sostenuto. Tra M5S e Pd c’è un problema che è nato nel momento in cui è stata varata la coalizione. Nessuna delle due forze politiche vuole perdere la propria identità, cosa che accadrebbe se, su tutti i provvedimenti, ci fosse un appiattimento. La dimostrazione di questo pericolo è avvenuta per le regionali in Umbria dove la civica, sostenuta dal Pd e M5S e Leu, per eleggere un governatore senza bandiera, ha fatto precipitare il Movimento ad una sola cifra, mentre il Pd ha mantenuto, tutto sommato, i suoi voti, delle europee. E non è un caso che, gli iscritti del M5S hanno deciso di andare da soli, in Calabria ed Emilia Romagna, incuranti che il M5S non ha radici sul territorio e quindi è una prova complicatissima. Così come non è un caso che Renzi, leader dell’Italia viva, non ha partecipato alla riunione di maggioranza ma guarda dall’esterno, come si maltrattano Pd e M5S e prende le distanze, da un crollo della coalizione verderossa, dove aumenta il disaccordo su metodo e riforme.