Terremoto nel M5S dopo che, Luigi Di Maio, stanco… delle coltellate alle spalle si è dimesso, come noto, da capo politico del Movimento che palesa, una crisi che appare pesantissima. Per Statuto spetta a Vito Crimi, quale reggente, portare avanti la politica del M5S e nominare chi lo rappresenterà nelle trattative con il governo. La dichiarazione rilasciata è scarna come era immaginabile:” Ora abbiamo lavorato per un percorso di visione del futuro. In questi mesi abbiamo arato, ora si può seminare e vedere i frutti che arriveranno”. Il Premier Conte, dal canto suo, ha optato di rimanere in Italia, rinunciando a recarsi a Davos, per tenere un Consiglio dei ministri in tarda serata e mettere a punto, ese possibile approvare provvedimenti urgenti, che sono sul suo tavolo. Nella giornata c’è stata una mossa del segretario del Pd Zingaretti, ritenuta sbagliata dagli iscritti, e tra questi anche da democratici che contano. Il segretario aveva inviato un twitter all’alleato di governo, come sarebbe normale:” Un abbraccio virtuale a Luigi Di Maio” che ha fatto scatenare il finimondo, tra gli iscritti. Abbraccio a chi? All’uomo Di Maio che ci ha coperto di insulti. ci ha detto che siamo mafiosi, schifosi, fautori della vecchia politica marcia e anche collusi con il sistema. Una vera e propria ondata, di duro dissenso che ha spiazzato Zingaretti, che non se l’ aspettava. Ma la politica riserva sempre delle sorprese e, va detto, che la coalizione, Pd- M5S ,trova dure opposizioni interne ai due partiti, che mantengono le distanze. E dire che il segretario era per liste uniche in Umbria, come in Emilia Romagna e Calabria e stava studiando, come presentarsi insieme negli enti locali, dove il centrodestra fa blocco, ed è vincente sui singoli partiti. Ma chi ha attaccato, alzo zero Di Maio, è stato Gianluigi Paragone, l’uomo espulso dal M5S ma difeso, a spada tratta, da Di Battista che è arrivato a definirlo: ” Uno dei pochissimi fedeli al Movimento ma, messo fuori dai probiviri, senza che l’ex capo politico del Movimento, muovesse un dito per impedirlo”. Giornate, diremmo mesi, dei lunghi coltelli in casa del M5S. Paragone accusa Di Maio di aver dilapidato, gran parte dei voti ottenuti alle politiche del 2018. E nel dare le dimissioni – prosegue Paragone – nel fornire assicurazioni sul governo, rafforza il ruolo di Giuseppe Conte e rafforzano le competenze del Premier sulle concessioni a Benetton. Così facendo – prosegue l’espulso – il M5S in cambio avrà un pezzo della mappa Italia da gestire il che significa – affonda il coltello il senatore Paragone – non soltanto gestire nomine ma anche risorse che le partecipate offrono a chi sa stare nel Palazzo”. Accuse gravissime che non possono essere commentate per la pesantezza delle affermazioni. Il futuro del Movimento – prosegue l’espulso – stava in questo mondo, dove Conte stava in passato, tutto questo finchè dura, ma non dura. La giornata nera, per il Movimento, ha consentito al ministro Di Maio di significare che nel suo discorso d’addio alla sua carica non ha mai attaccato Di Battista. C’è una voce ricorrente che D i Maio potrebbe riprendersi a marzo la carica di capo del M5S, durante i lavori degli stati generali. Chi sorride davanti a questo putiferio è il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, il quale ha visto impegnato il segretario del Pd, Zingaretti nel tentativo di portare nel suo partito, il M5S in tutto o in parte. E Il senatore fiorentino, sorride anche nel constatare quanto conta, il Paese nel M5S e il ministro Di Maio, più amico di Casaleggio e della Fondazione Rousseau che di Beppe Grillo che lo ha creduto in grado di condurre, almeno in parte, la sua ” rivoluzione” e di riuscire ad aprire, i ministeri e il potere centrale, con annessi e connessi, come una scatoletta di tonno.