Se lo Stato non c’è, le organizzazioni malavitose aumentano, soprattutto quelle di tipo mafioso. dovrebbe essere giunto il tempo che la politica riuscisse a fare un salto di qualità e, fermo restando la forma di società, che ciascuna forza po litica reputa migliore, si trovasse un accordo preminente: la lotta alle mafie, corruzione e schiavitù. Appare inutile discutere, sulle tante riforme da progettare o attuare, se lo Stato in molte regioni, non solo meridionali non è presente con tutte le sue articolazioni. Le operazioni della Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri svelano un’Italia a cui nessuno pensa. Governi, maggioranze ed opposizioni, si guardano in cagnesco, per questa o quell’altra riforma o per far cadere governi e sostituirli con altri, quando il Paese è sempre più in pericolo. Gli elettori chiedono, non operazioni, saltuarie, con centinaia di arresti a dimostrazione che lo Stato è stato assente da anni nell’esercitare i suoi poteri. La popo lazione vuole, anzi pretende, una vita tranquilla e serena e di essere coinvolta, in questo sforzo comune, che non può essere delegato, alle forze politiche o ad una magistratura che ha mostrato, limiti pericolosi, con quello che è accaduto nel tentativo di eleggere, procuratori importanti, per proteggere eventuali farabutti che operano nelle istituzioni. Non può essere “Libera”, oggi a Foggia, a scuotere l’opinione pubblica in una città dove lo Stato non c’è da decenni. Oppure scoprire, ogni tanto, come se fosse una sorpresa, che la ‘ndrangheta non solo si occupa di alta finanza ma che è dilagata, ben oltre, i confini nazionali. Che ci sono latitanti d’oro che dai loro nascondigli, riescono a guidare la malavita come meglio vogliono, per aumentare i loro affari. O peggio che, una volta assicurati alla giustizia i boss, le mogli li sostituiscano nei loro loschi affari, spesso in combutta con politici eletti, per avere le coperture necessarie. Davanti a questi fenomeni drammatici, che non riguardano solo una città o una regione, ma la stragrande parte del territorio nazionale. Bisogna trovare il coraggio, solo per debellare questo cancro di fare, squadra comune, di tutte le forze: politiche, sindacali, datoriali, dell’istruzione per ripulire l’Italia, da tanto marciume, che alberga dovunque, a partire dalla P.A. Occorre che la democrazia, si difenda con delle leggi ad hoc che non riguardano soltanto, lo scivoloso discorso della prescrizione, ma con pene adeguate da scontare, fino all’ultimo giorno, senza premi di sorta. I detenuti per certi reati minori non siano più costretti, a guardare il soffitto o seguire il calcio in TV, ma a lavorare: ogni carcere abbia la sua piccola fabbrica e, i meno pericolosi, provvedano alla risistemazione dei borghi abbandonati, luoghi carichi di storia o vengano impiegati, per la ricostruzione delle zone terremotate, ed abbandonate, dopo tante promesse. Si creerebbe un circuito virtuoso dove il condannato, non per reati contro la persone o per mafia, trovi la possibilità di imparare un mestiere, da poter utilizzare, una volta scontata la pena. Gli italiani pretendono che l’ordine democratico non sia scambiato per “anarchia democratica”. Occorre u giro di vite. Tutti sappiamo, nelle tante città o, nei tantissimi paesi, dove è possibile acquistare droga, o dove si è sviluppata la prostituzione oppure dove imperversa la nuova mafia, nigeriana e italiana, che ha altri strumenti per convincere le vittime a soggiacere ai loro ” diritti”. Impegniamoci tutti, ma proprio tutti, a ricostruire un Paese che mostra segni di orribile degrado a partire dalla capitale, ridotta per palese incapacità, ad una immensa discarica a cielo aperto. Suvvia è inutile impegnarsi sui grandi problemi quando quelli affrontabili, sia pure nella loro complessità, vengono ignorati. Non è così che si deve governare e la crescete debolezza dello Stato, ci chiama tutti a precise ed innegabili responsabilità. Don Ciotti sia d’esempio per tutti senza alcuna eccezione.