Roma – Rissa e ressa per le poltrone dei sottosegretari. Domani si decide?

E’ sempre accaduto e sta accadendo anche con il governo Pd – M5S. Il Premier Conte ha sollecitato i partiti, a chiudere la questione de sottosegretari che, doveva essere archiviata oggi, ed invece, lo sarà forse domani. Le poltrone non sono 42, come viene detto, ma meno, che che ne pensano i tanti pretendenti. Occorre dare visibilità a Leu e cespugli che hanno votato, lealmente il governo al Senato, dove i numeri sarebbero stati risicati. Inoltre per rafforzare la compagine appare necessario,  come sostiene il Pemier di inserire qualche tecnico in determinati ministeri. I posti che rimar rebbero,  divisi equamente tra Pd e M5S non sarebbero superiori a 36. Il Premier insiste:” domani si deve chiudere, il  governo deve iniziare il suo lavoro al completo”. La guerra per le poltrone infuria e questo, amaro capitolo va chiuso, con i tanti che rimarranno comunque fuori.  Sembra importante il discorso delle deleghe, più che  dei nomi: tanto  gli scontenti, ci sono sempre stati e ci saranno, anche in questa nuova compagine. Dopo il Cdm, che non ha  discusso il problema dei sottosegretari, sono rimasti con il Premier, Franceschini e Di Maio, per ragioni non rese note. Negli ambienti del Pd e in quelli  del Movimento si ostenta “tutto procede come previsto”. Una bugia, come veniva detta dai partiti della prima Repubblica. Domani, almeno per quanto chiesto dal Presidente del Consiglio, dovrebbe essere la  giornata buona di chi verrà nominato e di chi sbatterà la porta, del segretario Zingaretti o di Di Maio, capo politico del M5S. I nomi, anche di prestigio, sono sul tavolo, specialmente per i tecnici voluti dal Premier per avere a che fare, con persone competenti,  in grado di studiare i problemi e di portare delle soluzioni reali e, non inquinate, da posizioni ideologiche. La pentola bolle e intanto l’opposizione si prepara a sparare sugli uomini che verranno prescelti, ad occupare posti, dove il lavoro, come lo intende la coalizione, dovrà essere celere ed agile. Il Presidente del Consiglio è tornato da Bruxelles con un carniere quasi pieno, almeno di promesse formulate, non solo dalla futura Presidente della Commissione, Leyen, ma anche da altri big. Cambiare il trattato di Dublino, mantenere porti aperti ma, con la divisione dei migranti, sin da quando sono sulle imbarcazioni. Meno aiuti economici ai Paesi dell’UE che non li accetteranno e programma italiano: per crescita, sviluppo e occupazione aiutato dall’UE, non si sa come. Il Premier Conte viene considerato un uomo che è rimasto in sella, nonostante il cambio di maggioranza, ma con un orpello in più: quello di aver allontanato, dalla stanza de bottoni il leader della Lega, anti Unione Europea com’è strutturata ma, soprattutto lanciato a guidare a Bruxelles, sovranisti e populisti, creando situazioni di difficoltà, al lavoro dell’Unione. Il risultato, di una calorosa accoglienza si vedranno nei prossimi mesi e già, dalla Legge di Bilancio. Il quadro Italia – UE non è ancora molto chiaro, Conte ha chiesto di avere fiducia  in un programma  che consentirà anche di abbassare il debito ma non ha mancato, di chiedere tempo per portare in porto, il progetto condiviso dal M5S e dal Pd e cespugli,

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