La Corte di Cassazione ha deciso: è legittimo il quesito referendario sul taglio dei parlamentari. Per la Corte, la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale che reca:” Modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione in mate ria della riduzione dei parlamentari, sorretta dalla firma di 71 senatori, è conforme all’articolo 158 della Costituzione”. Una decisione che era attesa e che provocherà reazioni, tra i parlamentari, non facilmente prevedibili. Se le Camere verranno sciolte prima del referendum che si dovrebbe tenere, prevedibilmente, tra marzo e aprile, si svolgerebbero le votazioni con la vecchia legge che da, maggiori possibilità ai chi è già senatore o deputato, di poter essere rieletto. Se invece si svolgerà il referendum, che gli italiani voteranno in massa, in quanto da decenni sostengono che i parlamentari sono troppi rispetto alla popolazione. In questo caso, con i macro – collegi elettorali, che dovranno essere ridisegnati diventerà molto complicato, se non proibitivo, per chi è già nelle Aule, tornare alla Camera o al Senato. Ma non è detto che gli attuali parlamentari, che partecipano ad una legislazione che terminerà nel 2023, rischino le elezioni anticipate, se non avranno offerte per un collegio più che sicuro. Quello che accadrà è davvero imprevedibile in quanto coincidente, con la marcata crisi che sta lacerando il M5S, partito di maggioranza relativa. Tra l’altro, senza una nuova legge elettorale, che l’attuale maggioranza vorrebbe proporzionale, il rischio di una maggioranza governativa netta, di centrosinistra o centrodestra, non la può garantire nessuno, nonostante i tanti sondaggi. Non è la prima volta e non sarà l’ultima che gli elettori, nell’arco di pochi mesi, hanno cambiato parere più volte. E’ però indubbio che, con il quesito referendario approvato e con la crisi del M5S, la situazione politica è diventata molto più complessa. Tra l’altro si è all’antivigilia delle regionali, in Emilia Romagna e Calabria, e nessuno può far finta di nulla sul risultato che verrà fuori dalle urne.