Roma – Sanità cinese:”Cinture sanitarie”. 25 morti, caso sospetto a Bari

Per il coronavirus è  scattato l’allarta in tutto il mondo. Il governo cinese ha assunto delle decisioni draconiane: cintura sanitaria per le città di Wuhan, dove il coronavirus ha colpito da alcuni giorni, e le autorità sanitarie cinesi hanno ag giun la città di Huanggans, che dista, solo 60 chilometri, dal focolaio iniziale. Da queste due città nessuno può uscire o entrare: la cintura sanitaria è garantita dall’impiego, delle forze dell’ordine ma anche dall’esercito. In tutta la Cina, si tratta di dati inattendibili, i morti fino sarebbero 25 ed i contagiati 600. Ma le stesse autorità sanitarie non sanno, esattamente come stanno le cose, conteggiano i casi che sono finiti negli ospedali dove l’organizzazione, per evitare il contagio è massima, ma non in tutti i nosocomi, ma solo in quelli che erano in grado di far fronte ad una tale epidemia. Negli Stati Uniti è stata elevata, l’allerta sanitaria e le autorità sconsigliano, agli americani di recarsi in Cina. Due i casi sospetti segnalati in Europa: uno in Scozia e l’altro in Francia. Sul volo diretto Wuhan – Roma, dopo i controlli sanitari, misurazione della febbre prima dello sbarco, non c’è stato alcun caso sospetto ma anche in Italia è salita l’allerta. Il ministero della Salute ha diramato, una serie di misure ed i medici di famiglia sono stati avvertiti, sia sui sintomiche  potrebbe presentare un contagiato  e sia come si deve comportare, senza indugio nel rivolgersi  alle autorità sanitarie superiori. Fino a questa sera, come appare ovvio,la popolazione  segue con interesse  la situazione, attraverso i media, per essere informati, a livello generale, senza particolare apprensione. Caso sospetto anche a Bari. i tratta di un professionista rientrato dalla Cina.

Roma – Corte di Cassazione: referendum su taglio parlamentari legittimo

La Corte di Cassazione  ha deciso: è legittimo il quesito referendario sul taglio dei parlamentari. Per la Corte, la richiesta di referendum  sul testo  di legge costituzionale  che reca:” Modifica degli articoli  56 e 57 della Costituzione  in mate ria della riduzione dei parlamentari, sorretta dalla firma di 71 senatori, è conforme all’articolo 158 della Costituzione”. Una decisione che era attesa e che provocherà reazioni, tra i parlamentari, non facilmente prevedibili. Se le Camere verranno sciolte prima del referendum che si dovrebbe tenere, prevedibilmente, tra marzo e aprile, si svolgerebbero le votazioni con la vecchia legge che da, maggiori possibilità ai chi è già senatore o deputato, di poter essere rieletto. Se invece si svolgerà il referendum, che gli italiani voteranno in massa, in quanto da decenni sostengono che i parlamentari sono troppi rispetto alla popolazione. In questo caso, con i macro – collegi elettorali, che dovranno essere ridisegnati diventerà molto complicato, se non proibitivo, per chi è già nelle Aule, tornare alla Camera o al Senato. Ma non è detto che gli attuali parlamentari, che partecipano ad una legislazione che terminerà nel 2023, rischino le elezioni anticipate, se non avranno offerte per un collegio più che sicuro. Quello che accadrà è davvero imprevedibile in quanto coincidente, con la marcata crisi che sta lacerando il M5S, partito di maggioranza relativa. Tra l’altro, senza una nuova legge elettorale, che l’attuale maggioranza vorrebbe proporzionale, il rischio di una maggioranza  governativa netta, di centrosinistra o centrodestra, non la può garantire nessuno, nonostante i tanti sondaggi. Non è la prima volta e non sarà l’ultima che gli elettori, nell’arco di pochi mesi, hanno cambiato parere più volte. E’ però indubbio che, con il quesito referendario approvato e con la crisi del M5S, la situazione politica è diventata molto più complessa. Tra l’altro si è all’antivigilia delle regionali, in Emilia Romagna e Calabria, e nessuno può far finta di nulla sul risultato che verrà fuori dalle urne.

Roma – Di Maio non è più capo politico del M5S. Il Movimento era già in crisi

Luigi Di Maio si è dimesso, da capo politico del M5S, per una serie di motivi che non ha esplicitato compiutamente nell’addio al suo incarico. Prima di riunire tutti i parlamentari al tempio di Adriano, l’ex capo del Movimento aveva parlato con Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Tra le motivazioni che lo hanno portato alla decisione: il fuoco amico che lo ha colpito più volte, l’emorragia di parlamentari che escono dai gruppi, di Senato e Camera,  per andare al misto, da dove affermano di continuare ad appoggiare il governo, bollati come persone… che avrebbero bisogno dello psichiatra. Altri hanno scelto di passare ad diversa forza politica che attualmente è in minoranza. Ma ci sono altri motivi: un uomo solo non può reggere, un Movimento come i 5S in continua mutazione, di umori ma anche di obiettivi e con le regionali alle porte, in Emilia Romagna e Calabria, dove il Movimento raccoglierà solo briciole, e D Maio sarebbe stato messo all’indice. Infine, non va nemmeno sottaciuto che Di Battista, prima di partire per l’Iran, non ha fatto mistero di essere contrario alla coalizione con il Pd, ” peggiore partito con cui lavorare per riformare il Paese”, così come pensano parte dei parlamentari. Infine Di Maio ha affermato che il suo mandato l’ha portato a termine: il Movimento va verso i ” facilitatori” presenti, in ogni regione, per reperire persone disposte a lavorare per il M5S, o ad organizzare liste di appoggio, alla condizione che non abbiano passati politici, e non abbiano bandiere. Di Maio, è stato un uomo solo al comando anche se consigliato da Grillo, ma molto di più da Casaleggio, con il quale aveva stretto un’amicizia, molto forte, che è andata al di là della politica. Il M5S va verso gli Stati Generali che cambieranno completamente l’organizzazione che si avvia a diventare, un  partito, come tutti gli altri. Di Maio ha cercato, nonostante il disegno rivoluzionario di Beppe Grillo, per essere realizzato aveva bisogno della maggioranza assoluta dei voti, di farlo in coalizione prima con la Lega e successivamente con il Pd, senza riuscirci in quanto impossibile. Di Maio, come capo politico del M5S, si è trovato spalle al muro ed ha lasciato. Questo abbandono avrà conseguenze? E’ presto per dirlo ma l’aria di crisi, nel Movimento, era già più che evidente e, il ministro per gli  Esteri. che lascia la carica apicale, farà contenti solo chi era contrario su come conduceva la battuta politica che tutti dovevano condividere. Tanti altri i nodi che dovranno essere affrontati da chi lo sostituirà. Al momento tocca a Crimi, come da Statuto, trovare il capo delegazione al governo. Successivamente, man mano il M5S, cambierà pelle e andrà ad assestarsi su un elettorato molto meno numeroso di quello ottenuto, nelle politiche del 2018, da considerare un massimo storico oggi impossibile. Immediatamente dopo che si è dimesso da capo politico del M5S Di Maio, ha parlato Zingaretti, segretario del Pd, che si è affrettato ad affermare che, a livello governativo, non cambierà nulla e lo stesso Premier ha detto la stessa cosa:” Non tornerà a fare il professore all’università anche se dovessero andare male le regionali”. Il malessere nel Movimento non era e non è controllabile ma c’è un collante, che va oltre la loro sparpagliata collocazione in ambito parlamentare: nessuno vuole andare ad elezioni anticipate. Le altre pagine che riguardano, il sogno utopico di Beppe Grillo,  tutte da scrivere senza avere la possibilità di fare previsioni. Una cosa è certa, Luigi Di Maio, rimarrà sempre nel Movimento, lo ha detto  prima di togliersi la cravatta d’ordinanza:” Il M5S è la mia casa”.