La premier May potrebbe conoscere, l’amarezza della sfiducia, su Brexit. Il parlamentare Tory Rees – Mogs sta raccogliendo le firme per la mozione di sfiducia, le firme occorrenti sono 40, ed è molto vicino al quo rum richiesto. Ore convulse a Downing Street dove la May conta quanti la stanno abbandonando. Due ministri si sono già dimessi Raab, delegato proprio alla Brexit e McVes al Lavoro. Seguiti da due sotto segretari Vara e Braverman. Ma non è tutto. C’è stata rottura anche con gli unionisti dell’Irlanda del Nord, indispensabili per la maggioranza. Ovviamente, l’opposizione è salita sulle barricate condotta da Corbyn, il leader laburista che punta a far cadere il governo May, sia pure per ragioni diverse da quelle, dei dissidenti Tory. La Premier, nel suo discorso in Parlamento, ha difeso il suo operato:” Credo, con ogni fibra del mio essere, che l’intesa sulla Brexit raggiunta con Bruxelles sia quella giusta”. Un discorso interrotto, ripetutamente, non solo dai laburisti ma anche dai Tory, che la pensano diversamente. Intanto il negoziatore dell’Unione europea, in pieno accordo con il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha già fissato un vertice straordinario, sull’accordo per Brexit, per il 25 novembre prossimo. Cosa accadrà da oggi in poi è imprevedibile. La May afferma che non ci sarà un altro referendum e che si andrà avanti, così come deciso dal suo governo. Un ” divorzio” che durerà almeno quattro anni. Ma il mondo politico a Londra è in subbuglio tanto che la sterlina è in caduta libera e la preoccupazione è molto forte. La Gran Bretagna non sarebbe pronta, al distacco dall’Unione e anche in quattro anni, non riuscirebbe ad organizzarsi per essere completamente autonoma. Inoltre ci sono in ballo 45 miliardi da pagare all’Unione europea, una somma importante che finirebbe per pesare, sui bilanci della Gran Bretagna, senza considerare i problemi con l’Irlanda del Nord che non sono di poco conto per il sistema doganale.