L’assurdo si sta verificando. Il Premier Conte, nei suoi interventi a Camera e Senato, ha sostenuto che gli italiani non devono temere nulla dal Mes in riferimento al debito, che serve più coesione tra i leader della maggioranza ed ha auspicato, di non dividersi per darla vinta, a chi vuole l’Italia fuori dall’Unione Europea e dall’euro. Parole forti cadute nel vuoto. Il capo politico del Movimento, Di Maio, ministro degli Esteri, nonostante il documento congiunto “firmato” la trascorsa notte, non crede nel ” suo” Presidente del Consiglio e dichiara:” Senza chiarezza noi non approviamo niente” Chiaro no?. Di Maio ha seguito, alla lettera, quello che avevano deciso i gruppi parlamentari del partito di maggioranza relativa, per uno slittamento del Mes verso un pacchetto completo, da portare all’attenzione del Parlamento, per un voto complessivo. In politica sarebbe l’accaduto sarebbe stato, come un voto di sfiducia ed invece la posizione scelta dal M5S, seguita dal Pd e Leu, passa con 291 sì e 223 no. Appare evidente che il Premier Conte, M5S, Pd e cespugli temono una crisi e di affrontare elezioni anticipate con il centrodestra, secondo più sondaggi, in netto vantaggio sui partiti di governo. A parte le bagarre e gli attacchi personali, a parte il “venduto” rivolto al Premier, frasi che ci sono state ci saranno anche in futuro, scandite da un’opposizione in Parlamento non nel Paese, la maggioranza va avanti per giungere all’approvazione della legge di Bilancio e il Dl fiscale. Appuntamento a gennaio, dei partiti della coalizione di governo, per stipulare un “contratto” dice Di Maio, ma non il PD, su dove, quando e per fare che, per consentire la durata del governo fino al 2023. Identica situazione in Senato, con la differenza che mentre alla Camera i deputati, in 14 hanno preferito giustificare l’assenza e non votare affatto, in Senato è accaduto, quello che era stato preannunciato. I senatori 5S: Stefano Lucidi, Gianfranco Paragone, Francesco Urraro, Ugo Grassi hanno votato contro in quanto non credono, nè alle assicurazioni del Premier Conte e nè alla prudenza del ministro Di Maio, ma hanno detto no alla luce del sole. Il rinvio al pacchetto, voluto dal M5S per ridiscutere tutto il Mes in Parlamento, non è stato sufficiente tanto che, c’è stata una spaccatura. Il capo politico del M5S ha parlato di mercato delle vacche, tipo Berlusconi, aperto dal leader della Lega nei confronti dei suoi senatori. Dagli interventi, soprattutto quello del senatore Grassi, la frattura è stata più che giustificata, con una frase precisa:” Non mi riconosco più nella politica del M5S e questo non significa essere sovranisti”. L’intervento di Salvini è stato caratterizzato da varie assicurazioni: la Lega non vuole uscire dall’Euro e dall’Unione, ma l’attuale Mes, va riformato e deve difendere il lavoro e il risparmio degli italiani. “Solo a queste condizioni noi affronteremo, serenamente il dibattito nella Aule di Camera e Senato”. Le frasi forti non interessano, fanno parte della storia repubblicana non solo italiana. Giunti a questo punto è d’obbligo do mandarsi che fine ha fatto il Pd che appare, sempre più assente e frastornato, di avere un Premier che afferma ” Non vi preoccupate ve lo dico io”, Un M5S che dice:” Noi non firmiamo niente, nonostante le tue assicurazioni, finchè il pacchetto non sarà completo, solo dopo vedremo come votare”. Il Pd, che era dello stesso parere del premier Conte, subisce la decisione dei gruppi parlamentari del M5S così come i cespugli Leu e &. Certo una crisi oggi aprirebbe la strada ad una vittoria, finora solo sulla carta, del centrodestra, quindi stare in trincea e soffrire, l’attuale momento è una scelta precisa. Tutto sta a vedere se gli elettori capiscano, questo gioco su una scacchiera così complicata. Forse il Premier poteva usare, almeno lui, parole diverse per non essere “bloccato” dal partito di maggioranza relativa che in Parlamento lo ha ridimensionato a semplice fattorino. Conte andrà a Bruxelles, domani, con un mandato preciso:” slittamento del Mes fino al completamento del pacchetto e non avrà nessun margine per dire nulla di diverso: il Parlamento è sovrano”. Non sarà una bella figura quella che farà visto che il Premier, aveva studiato il dossier, ed aveva dato il suo avallo, non ritenuto valido dalla “sua” maggioranza. La posizione di Conte, non è affatto facile: nei confronti degli italiani, in Europa ed a livello internazionale.
Londra – Johnson difende il vantaggio ma Corbyn lo insidia. Elezioni inutili?
Il Premier in carica nel Regno Unito, Boris Johnson, cerca di essere presente ovunque, di collegio in collegio, visto che giovedì si voterà. Il leader dei Tory punta decisamente a Brexit e riforme che rammentano, il Regno Unito, alleato del l’Occidente ma arroccato nella sua isola e ai suoi affari, senza dover rendere conto a nessuno, se non alle istituzioni nazionali. Queste elezioni, per la posizione assunta, dagli irlandesi e scozzesi, potrebbe mettere in discussione il Regno delle quattro Nazioni, mai tanto divise su posizioni non coincidenti. I leader, irlandesi e scozzesi, non vedono quale futuro possano avere, senza far parte dell’Unione Europea e non sono affatto convinti che, gli inglesi, farebbero salti mortali per lo sviluppo delle loro popolazioni, com’è sempre storicamente avvenuto. L’ultimo sondaggio possibile da maggiore ossigeno ai laburisti, di Jeremy Corbyn, al quale viene attribuito un 9% in più ma la maggioranza, prevista dal modello demoscopico usato in Gran Bretagna, che centrò il risultato nel 2017, assegna una vittoria dei Tory che passerebbero, da 68 seggi in più dei laburisti a soli 28, mentre i laburisti nei guadagnerebbe oltre 20. Non ha dubbi nemmeno lo stesso Johnson di aver commesso, una serie di gaffe tutte da riparare nelle ore che mancano al voto, ma il leader dei Tory è fatto così, basta vedere come si dimena con le mani ed il corpo durante i comizi, conferenze stampa o incontri con personalità per capire che la sua personalità è tormentata. E’ un inglese “molto irrequieto” troppo vulcanico. Comunque la vittoria eventuale di Boris, viene affermato nel Regno Unito, potrebbe fargli perdere il potere operativo nel controllare la Camera dei Comuni, una vittoria di Pirro quella di Johnson? La rimonta dei laburisti di Jeremy Corbyn c’è stata e prosegue e non si può escludere nulla, se non attendere l’esito elettorale, ormai prossimo. L’Unione Europea è in attesa dei risultati e di sapere quale strada e decisioni assumerà il Regno Unito, l’aria che tira, è quella di non concedere nulla di più del trattato sottoscritto e di non concedere niente davanti alle minacce di passaporti per entrare in Inghilterra e, nemmeno spaventarsi se metteranno sul piatto della trattativa, la permanenza dei lavoratori dell’Unione, attualmente in Gran Bretagna. Se chi vincerà le elezioni si metterà su questa strada troverà l’Unione Europa pronta a ribattere, colpo su colpo. Il motivo? Non si può fare diversamente: il Regno Unito ha ottenuto molto dall’Unione Europea e se ha deciso di uscire è libero di farlo ma salvaguardando i buoni rapporti con L’UE.
Washington – Democratici convinti “impeachment” per Trump. Non è scontato
I democratici degli Stati Uniti sono partiti all’attacco per ottenere, l’impeachment, del Presidente Trump. Le accuse sono durissime con una serie di testimonianze molto precise: “ha anteposto le sue preoccupazioni politiche agli interessi della nazione e ostacolato il lavoro del Congresso, per aver cercato di difendere, interessi personali”. L’annuncio, in conferenza stampa, è stato fatto direttamente dal Presidente della Commissione Giustizia, deputato Jerry Nadler, presente Camera dei deputati, Nancy Pelusi. I due democratici, ai massimi livelli hanno ribadito:” Nessuno, nemmeno il Presidente è al di sopra della legge” e Trump ha chiesto, al Presidente dell’Ucraina, di interferire nelle elezioni presidenziali che si terranno l’anno prossimo chiedendo, ad un Paese straniero di indagare, sul più che possibile, concorrente dem, Joe Biden e famiglia per eliminarlo politicamente, dalla competizione elettorale. Il Presidente Trump continua a parlare di caccia alle streghe:” Non c’è stata nessuna pressione sull’Ucraina ma i democratici rifiutano di ammetterlo. Si tratta di accuse senza fondamento”. Ma Nancy Pelusi ribadisce:” Il Presidente è una continua minaccia per la nostra democrazia e sicurezza nazionale. Ha usato il potere del suo ufficio contro la Nazione incaricando, un Paese straniero, di corrompere le nostre prossime elezioni democratiche”. Il problema è rilevantissimo. I democratici hanno spalancato una porta che potrebbe portare all’impeachment del Presidente Trump ma, per raggiungere questo scopo, ci deve essere l’apporto dei repubblicani per avere il quorum necessario cioè i 2/3 del Congresso, come dispone la legge. Una maggioranza che allo stato dei fatti non ci sarebbe almeno alla luce del Sole. Una iniziativa, quella dei democratici che si può rivelare un vero boomerang, nei confronti del candidato democratico, qualora Trump uscisse indenne da questa vicenda. Tra l’altro va anche detto, che con la sua “strana politica” mai attuata da altri Presidente:” Prima gli americani” e “dazi contro tutti”, alleati compresi, per raggiungere la massima occupazione negli Stati Uniti ha ottenuto buoni risultati. Trump, un Presidente che non piace a nessuno, alleati e avversari, per il suo modo spregiudicato di raggiungere i suoi obiettivi, ha ottenuto un favore popolare innegabile. La realtà politica in democrazia è questa: delle due parti in conflitto, una repubblicana e l’altra democratica, una vincerà e l’altra perderà. E negli Stati Uniti ” guai ai vinti”, come avveniva ai tempi di Roma imperiale”.