Il Premier Conte è deciso: l’Italia risponderà, alla pesante nota di richiamo dell’Unione europea sulla manovra, rispettando i tempi fissati: le 12 di lunedì 22 ottobre. Il governo – viene spiegato dagli uffici della presi denza del Consiglio – punta decisamente ad un dialogo costruttivo con la Commissione Ue in quanto non è emersa la volontà di isolare l’Italia, da parte dei Paesi aderenti all’Unione. Una posizione questa per evita re, fratture traumatiche, tra il nostro Paese ed i partner che a turno, attaccano l’Italia, per una manovra che non doveva nemmeno essere pensata. Il ” Patto” sottoscritto dai governi precedenti, siglato anche dagli altri esecutivi, non consente nulla di più di quello che la Commissione può dare, rimanendo nei rigidi confini, di documenti inviolabili, finchè resistono al cambiamento. Fino a quel giorno, auspicato da molti Paesi, ma temuto da chi, punta tutto, sulla moneta unica: “risorsa comune” da non toccare, mettere in discussione o porre in pericolo, nell’interesse dei popoli europei ma, soprattutto, dei Paesi economicamente egemo ni. Le domande da porsi sono quelle che sono sulla bocca di tutti: ” Può una Unione che riguarda, praticamente l’intero vecchio continente, dipendere solo da una moneta? Possono, Paesi di diversa condizione eco nomica e sviluppo, adeguare il presente e futuro di popoli, ad un coefficiente fisso del 3% ,qualsiasi vera esigenza, si verifichi o debba essere affrontata? Qual è il limite di flessibilità utilizzabile, in una Unione, che non può imporre a nessuno : sacrifici, mancato sviluppo, disoccupazione e fame? le domande, non sono state formulate per difendere la manovra del governo italiano, ci mancherebbe, ma lo sono perchè il ” Patto” non sia, un laccio scorsoio per i popoli, che fanno parte dell’Ue. Più volte, lo stesso Prodi ha cercato di chiarire che questo coefficiente el 3%, Pil – deficit, era stato fissato ma non perchè rimanesse fisso ma solo per avere, un’ indicatore, all’inzio del lavoro comune, nell’ambito dell’Unione e della moneta unica. Quello che va riformato si riformi e se non lo faranno gli attuali ” governanti” di Bruxelles è facile prevedere che, da maggio in poi, ci saranno molti eurodeputati pronti, o al cambiamento o al l’insabbiamento, delle attuali ” regole”. Per dirla in breve: un matrimonio tra un uono ed una donna come un ” patto” tra Stati si fa per es sere felici o, nel secondo caso, per trarre vataggi economici per tutti. Il ” Patto” a cui si fa riferimento è rigidissimo tanto da concedere scarsa flessibilità, peraltro inutile per risalire una china negativa. Dovrebbe essere compito di chi è a Bruxelles cambiare ciò che va cambiato ed invece… aspettano che arrivino altri a farlo.