Roma – Il M5S a rischio di implosione. A Di Maio l’onere di evitare il peggio

La crisi del M5S, giorno dopo giorno, si va aggravando. Si va verso un vertice collegiale per tentare di far rimanere unite, le varie anime che alimentano il rischio di implosione. Non si tratta di valutazioni della stampa italiana, del dell’incredibile fenomeno tanto che se ne è occupato anche New York Times, in un commento di come, il partito di maggioranza relativa si sta frantumando per mancanza di obiettivi comuni e di visioni condivise. Da questa realtà,  inne gabile, il passaggio agli Stati Generali, appuntamento importantissimo per la storia  del Movimento, sorto da un’idea di Beppe Grillo, condivisa da Casaleggio senior e poi junior. La missione del ministro Di Maio è proibitiva, lui stesso ha ammesso che è impossibile, ad una sola persona  guidare e governare un Movimento così complesso, dove ogni iscritto, parlamentare da solo o in gruppi, intende autogovernarsi in piena libertà. In ogni caso, questo appare ormai sconta to, il M5S è destinato a cambiare radicalmente, nel modo meno traumatico, possibile. Occorrerà, isolare chi intende andare allo scontro, prima dell’appuntamento di metà marzo. La varie fazioni sono quanto mai fluide e di conseguenza diventa complesso prevedere chi sarà a guidare il Movimento, se rimarrà unitario, nell’immediato futuro. Se verrà confermato lo stesso Di Maio o altro personaggio da trovare. Intanto lunedì ci sarà la scelta dei facilitatori, cioè persone con il compito di trovare chi vuole lavorare, con e per il M5S, purchè non abbia un passato politico  ed inoltre verranno scelti i candidati  per le regionali di maggio – giugno. Ad esempio nelle Marche i 5S andranno da soli, com’ è già stato deciso, mentre in liguria, dove si dovrebbe presentare come candidata governatrice, Elena Botto, per la Sicilia Eugenio Satta, il Movimento potrebbe presentarsi, con liste unitamente al Pd, o ancora una volta isolatamente. Il momento, attuale, come appare evidente, non è facile per il partito che aveva preso alle politiche di due anni fa il 33% dei voti e che ora arranca, sia come gruppo parlamentare unitario, alla Camere e al Senato, e sia per affrontare le regionali dove  corre il rischio è di raccogliere briciole. Gli errori a catena si sono sommati. Di Maio da solo non poteva, come ha ammesso lui stesso decidere tutto, ma è la mancanza di un indirizzo comune, la riforma  del Parlamento, la difficoltà dei parlamentari di essere visibili, la mancanza di obiettivi condivisi, ad aver determinato questa situazione che sarà problematica, per chi dovrà tentare di rimettere insieme i cocci. Ovviamente questa situazione è motivo di preoccupazione per il Pd che conta molto, su quella parte del Movimento che rimarrà insieme, di far proseguire la legislazione fino al termine naturale, cioè fino al 2023, per evitare di affrontare un centrodestra che facapo a Salvini, politicamente ancora molto forte

Lascia una risposta